Poste Italiane ha annunciato nella serata di ieri di avere rilevato 384.099.915 azioni ordinarie di TIM dal socio francese Vivendi, il quale ha così azzerato la sua partecipazione nella compagnia telefonica. Tale pacchetto vale il 2,51% del capitale ordinario e l’1,80% del capitale sociale ed è stato pagato 187 milioni di euro ai prezzi di borsa di mercoledì 10 dicembre. Poiché Poste già possedeva il 24,81% delle azioni ordinarie, con l’operazione di questi giorni è salita al 27,32% (19,61% del capitale sociale). Ha così superato la soglia del 25%, oltre la quale scatta l’obbligo di lanciare un’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) sul restante capitale di TIM.
Partecipazione eccedente “congelata”
Tuttavia, la società guidata da Matteo Del Fante ha chiarito di volersi avvalere dell’esenzione prevista dal Testo Unico di Finanza, in base alla quale s’impegna a rivendere a parti non correlate la quota eccedente entro i prossimi dodici mesi. E nel frattempo non eserciterà su di essa i diritti di voto in assemblea. In altre parole, Poste si comporterà come se detenesse effettivamente un’azione in meno rispetto al 25%.
Soglia OPA in TIM al 30-40% con riforma TUF?
Dall’inizio dell’anno le azioni Poste Italiane sono balzate del 50,55%, portando la capitalizzazione in borsa a 27,13 miliardi. Per quanto riguarda TIM, il loro valore è praticamente raddoppiato (+96%) e la capitalizzazione supera ormai gli 11 miliardi. Questo è stato il primo anno dopo lo scorporo della rete. E sulla soglia dell’OPA in TIM potrebbero registrarsi grosse novità nei prossimi mesi. In Parlamento è in corso una riforma del TUF, che abolisce le doppie soglie del 25-30% previste ad oggi, fissando il ritorno alla soglia unica al 30%.
Se la riforma passasse, Poste potrebbe mantenere la partecipazione sopra il 25% di TIM senza che scatti l’obbligo di OPA. Anzi, potrebbe persino portarsi a ridosso del 30%. Il testo della maggioranza, addirittura, raddoppia al 10% le acquisizioni possibili entro i successivi dodici mesi senza che venga infranta tale soglia. Dunque, nell’ipotesi più favorevole Poste si porterebbe fino al 40%. Ripetiamo, la riforma del TUF deve ancora essere approvata.
Addio di Vivendi dopo 10 anni disastrosi
Già oggi, comunque, non esistono dubbi circa il fatto che Poste sia il nuovo socio di riferimento della compagnia. I francesi hanno azzerato la loro partecipazione, che fino a pochi mesi fa si attestava al 23,4%. Dopo un decennio hanno posto fine alla loro campagna italiana, che si è risolta con un nulla di fatto tra TIM e Mediaset, tanti guai giudiziari e perdite ingenti sul fronte della compagnia telefonica. L’ingresso di CDP già nel 2018 nel capitale di TIM, lo scorporo della rete e ora Poste hanno neutralizzato le mosse della famiglia Bolloré.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

