E’ un Friedrich Merz quasi nel bunker, anche se questa immagine in Germania sarebbe meglio non usarla. Il cancelliere tedesco fronteggia ogni giorno di più la crescente opposizione al suo piano sulle pensioni e che gli arriva da destra. La Junge Union, il gruppo giovanile dei conservatori CDU, è stato il primo ad uscire allo scoperto. Con i suoi 18 deputati al Bundestag, ha i numeri per affossare l’accordo stipulato tra i due partiti della maggioranza e invocato dai socialdemocratici. E lunedì ben 22 economisti di primo piano hanno ottenuto dal principale quotidiano economico, Handelsblatt, la pubblicazione di un paper in cui sostengono che la riforma in discussione non sarebbe “né finanziariamente sostenibile, né equa sul piano intergenerazionale”.
Piano pensioni, economisti contrari
Tra i critici spiccano figure come il capo dell’IFO, Clemens Fuest, dal pedigree fortemente conservatore, nonché Michael Eilfort del think-tank economico Stiftung Marktwirtschaft. Il piano sulle pensioni comporterebbe maggiori costi a carico dello stato per 10-15 miliardi all’anno dopo il 2031. Esso prevede che anche dopo quell’anno i pensionati non potranno percepire un assegno inferiore al 48% dell’ultimo stipendio netto. Un modo di sostenere la popolazione più anziana contro il rischio di povertà, ma che manderebbe in tilt i numeri della previdenza.
Le pensioni tedesche sono mediamente basse: appena il 55,3% dell’ultimo stipendio netto contro una media UE del 68,1%. In Italia, tanto per fare un confronto, ci si allarma per una prevista discesa attorno al 70% nei prossimi decenni. L’anno scorso, lavoratori e imprese hanno versato 306 miliardi di contributi, il governo altri 96. La spesa è stata di 402 miliardi.
L’SPD chiede di eliminare la norma del 2005 da essa stessa introdotta sotto il cancelliere Gerhard Schroeder, ossia il “fattore di sostenibilità”. Essa prevede che l’assegno venga adeguato al rapporto tra pensionati e lavoratori. Questo era di 5 a 1 nel 1965, mentre nel 2022 risultava sceso a 2 a 1.
Anche imprese scettiche sul governo
Il nuovo piano sulle pensioni entrerebbe in vigore dall’1 gennaio se approvato, ma vede l’opposizione anche delle imprese. Ben 32 associazioni datoriali chiedono perlomeno un rinvio per valutare meglio le misure. Tra le loro proposte, l’allungamento dell’età pensionabile dai 67 anni attuali, nonché l’eliminazione della possibilità di andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni, se in possesso di 45 anni di contributi versati. Lamentano già un calo della manodopera, che nei prossimi anni impatterebbe sui livelli di produzione.
Le orecchie da mercante di Merz stanno facendo scattare l’allarme al punto che una parte del mondo delle imprese ha aperto agli incontri con l’AfD. Il partito della destra sovranista, considerato un appestato per la sua associazione al nazismo, è guidato da Alice Weidel e nei sondaggi è primo con il 26% dei consensi. Sta crescendo la convinzione tra le forze sociali che non si possa più escluderlo dal confronto, perché prima o poi potrebbe arrivare al governo federale. Il Brandmauer sta cadendo progressivamente.
Nipote di Kohl contro Merz
Tra i critici di Merz è spuntato Johannes Volkmann, 28 anni, deputato e nipote dell’ex cancelliere Helmut Kohl. Il giovane chiede che l’Unione torni ai valori tradizionali su economia e diritti sociali.
Insomma, che si ponga realmente fine all’era Merkel, che ha spostato il centro-destra su posizioni di sinistra. Ed è noto che il suo defunto nonno fosse un oppositore della cancelliera dopo averla fatta crescere nel partito a seguito della riunificazione.
Merz sarebbe tra coloro che dovrebbe riportare l’Unione ai suoi valori di un tempo, quelli della “Repubblica di Bonn”. Tuttavia, per governare ha bisogno dell’SPD e di aprire all’AfD non se la sente. Ed ecco che le concessioni sul piano pensioni sta trasformandosi in una battaglia interna tra ala conservatrice capeggiata dai giovani e ala governista. Il rischio per il cancelliere è lo smottamento di quel mondo che ha per decenni reso grande il suo schieramento, composto da accademici, imprenditori e liberi pensatori. La rivolta di queste settimane favorisce l’AfD, che inizia ad attirare le attenzioni di coloro che sono in cerca di ascolto.
Dopo piano pensioni Merz promette riforme veloci
Il cancelliere ha promesso “riforme veloci” per fare uscire la Germania da questa dannata stagnazione in cui è precipitata con la pandemia. Come vararle resta ignoto, dato che gli alleati hanno idee contrapposte e stanno cercando di risalire dagli abissi del consenso residuo tornando a loro volta alle origini. Sul piano pensioni hanno detto chiaro e tondo che non cederanno. Confidano che i giovani alla fine voteranno a favore per non fare cadere il governo. I nodi sono arrivati al pettine dopo decenni di riforme mancate: manca la crescita, il welfare resta generoso e la demografia minaccia la sua sostenibilità. La Germania deve scegliere e non può farlo con un governo così.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

