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Oggi: 05 Dic, 2025

Pensioni 2026: su opzione donna tre diverse soluzioni

Opzione donna nel 2026 ci sarà o no? Tra promesse, proposte, provvedimenti e leggi, ecco le tre soluzioni possibili per l'anno prossimo.
6 giorni fa
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pensioni opzione donna
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Piaceva tanto, poi molto meno, fino a diventare una misura inutile o quasi. Parliamo di opzione donna, una misura di pensionamento anticipato che negli anni ha fatto sempre molto discutere. E per il 2026 queste pensioni anticipate per le lavoratrici non è detto che resteranno in vigore. Tutto dipende dalla legge di Bilancio, dal piano iniziale di cessare la misura e dai vari emendamenti che sono stati presentati per correggere questa decisione. Ecco il punto della situazione con le tre diverse soluzioni per opzione donna.

Pensioni 2026: su opzione donna tre diverse soluzioni

Introdotta con la legge numero 243 del 2004 opzione donna nel 2025 ha superato i 20 anni di funzionamento.

Una misura nata sperimentale e che nonostante le promesse della politica e le richieste delle lavoratrici, non è diventata mai strutturale. Nata per concedere una maggiore flessibilità in uscita alle lavoratrici, troppo spesso costrette a sacrificare carriere e lavoro per la cura di casa, famiglia e figli, la misura non solo non è stata mai resa definitiva, ma con il tempo è stata corretta in peggio. Con severe limitazioni di platea delle beneficiarie e anche con un aumento dell’età minima di uscita.

L’unica cosa che è rimasta costante nel tempo è la versione contributiva di questa pensione. Cioè l’obbligo per le lavoratrici di accettare un calcolo penalizzante della prestazione che da misto diventa contributivo. A dire il vero, una penalizzazione che man mano che passano gli anni diventa sempre meno “impattante”.

Perché con il calcolo contributivo i veri penalizzati sono i contribuenti che al 31 dicembre 1995 avevano maturato già 18 o più anni di contributi. Una condizione questa che per semplici questioni anagrafiche, diventa sempre meno diffusa.

E probabilmente nei calcoli che hanno fatto i legislatori nel limitare la platea delle potenziali beneficiarie di queste pensione anticipata, c’è anche questo aspetto. Visto che come calcolo la misura diventa sempre meno penalizzante e quindi più appetibile, la soluzione del taglio delle beneficiarie evidentemente ha portato risparmi per le casse pubbliche. Adesso però si parla di una cessazione della misura nel 2026 con relativo addio alla pensione di opzione donna. Lo ha previsto il governo nella bozza della legge di Bilancio.

Il punto attuale della situazione di opzione donna e cosa potrebbe accadere adesso

Se dovessimo basarci su quello che c’è scritto nella legge di Bilancio uscita ad ottobre dal Consiglio dei Ministri, opzione donna nel 2026 non sarà più una pensione anticipata presente nel sistema. Ma analizzando i risultati delle ultime annualità di opzione donna, è evidente che la misura che il governo vuole cessare non lascerà certo tanti nostalgici per come era stata trasformata negli ultimi tempi. Infatti parlare di crollo per opzione donna non è esercizio azzardato.

Secondo i dati dell’INPS se nel 2022 opzione donna era stata sfruttata da oltre 26.000 lavoratrici, nel 2024 la stessa misura è stata sfruttata solo da meno di 5.000 lavoratrici.
I requisiti iniziali per la pensione di opzione donna erano fermi a
57 anni per le lavoratrici dipendenti ed a 58 anni per le lavoratrici autonome.

Purché in possesso di 35 anni di contributi versati come minimo. la versione di opzione donna oggi in vigore invece ha come requisiti contributivi sempre i 35 anni e come età si è passati ad una variabile tra i 59 ed i 61 anni. Ma ciò che ha drasticamente ridotto le richieste, è il taglio della platea.

Perché nella versione odierna possono sfruttare la misura solo le caregivers, le invalide, le licenziate o le addette di aziende che hanno aperto dei tavoli di crisi in sede governativa. Ed in alcuni casi, per rientrare nelle uscite dai 59 anni, ciò che conta è il numero di figli avuti (invalide e caregivers a 59 anni solo con almeno 2 figli avuti).

Una polatea che è diventata davvero molto ristretta adesso

Taglio netto di platea dicevamo, reso ancora più netto dal fatto che invalide e caregivers devono per esempio rispettare le medesime condizioni specifiche che per lo stesso genere di contribuenti si devono centrare per l’Ape sociale. Le invalide devono avere una certificazione di invalidità civile con un grado non inferiore al 74% altrimenti opzione donna non può essere sfruttata. Le caregivers invece devono risiedere e convivere con il loro familiare disabile grave.

Ma da almeno 6 mesi prima di una possibile domanda di opzione donna. Alla luce di tutto questo, appare evidente che ormai è diventata una misura limitata a poche lavoratrici. Ecco perché la soluzione della chiusura è stata presa in considerazione nella bozza della manovra del governo.
Adesso però ci sono emendamenti che puntano ad un passo indietro. Ovvero a riattivare la misura anche nel 2026.

Secondo un emendamento di Fratelli d’Italia per esempio, la misura non dovrebbe cessata, ma confermata e allargata a tutte le disoccupate. Anche in questo caso però, se si userà la stessa strada dell’Ape sociale, potranno sfruttare l’uscita con opzione donna solo le disoccupate che prima hanno finito di prendere interamente la Naspi.

Un altro fardello che di fatto rende la potenziale estensione di platea prima di tutto limitata. Perché se è vero che come al solito per le pensioni di opzione donna i requisiti devono essere completati entro la fine dell’anno precedente, anche questo requisito della Naspi dovrebbe finire con l’essere completato entro il 31 dicembre 2025.

Su questo, in una eventuale proroga di opzione donna, bisognerebbe fare chiarezza.

Tra sogno e realtà, opzione donna strutturale è ancora possibile?

La terza via, che al momento non è in agenda ma che risulta quella che tutte le lavoratrici vorrebbero è il ritorno alle origini. E dopo un ventennio effettivamente la misura si dovrebbe strutturare, rendendola definitiva. Quindi, si dovrebbe tornare a una pensione nel 2026 possibile per tutte le lavoratrici dipendenti. Naturalmente se maturano entro l’anno prima 35 anni di versamenti e 58 anni di età. Una soluzione valida per le dipendenti del settore privato e del settore pubblico. E poi, per le lavoratrici autonome si partirebbe dai 59 anni di età.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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