Il sistema pensioni italiano è un sistema che per certi versi è assurdo. E man mano che passano gli anni i nodi vengono al pettine come si dice in questi casi. Perché come vedremo adesso, partendo da una analisi della Confcommercio oppure dalla discussione sulle pensioni durante le audizioni parlamentari alla legge di Bilancio, questi nodi sono sempre più evidenti. Pensioni da fame per determinate categorie di contribuenti. Sempre che la pensione alla fine si riesca a prendere. Perché c’è anche chi pur versando contributi, di fatto sta solo regalando soldi al sistema.
Ecco chi non prenderà mai la pensione e chi invece la prenderà ma da fame
Pensioni da fame o mai in pensione, questo il destino cui, secondo i dati snocciolati da uno studio della Confcommercio, andranno incontro alcuni contribuenti italiani.
Consulenti, esperti in informatica, massaggiatori e chi più ne ha più ne metta, sono a serio rischio di finire in un autentico incubo alla fine della loro attività lavorativa.
Ma cosa hanno in comune quelle attività lavorative così come tante altre che fanno capo al lavoro autonomo di professionisti e simili? Una cosa che li unisce è l’iscrizione alla Gestione Separata INPS. Ma un’altra è la pensione futura che andranno a prendere. Una pensione da fame o addirittura c’è chi in pensione non ci andrà mai.
Bisogna infatti arrivare a 20 anni di contributi almeno. Prendiamo ad esempio un lavoratore che si iscrive a 50 anni perché decide di aprire una attività di consulenza assicurativa.
A 67 anni o poco più considerando i mesi in più per l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, questo lavoratore iscritto per la prima volta a 50 anni, si troverà senza il requisito minimo della pensione di vecchiaia, cioè i 25 anni.
In termini pratici, tutto ciò che versa è gettato al vento.
Un problema che hanno tanti contribuenti. Parlare di fenomeno per i contributi silenti non è esercizio azzardato. Perché si tratta di contributi che un contribuente versa, che finiscono nelle casse dell’INPS ma che non si tramutano mai in pensione.
I problemi sono tanti e per molti non hanno soluzione
Ma per lavoratori di questo genere a volte non bastano nemmeno 20 anni di versamenti. Ipotizzando che ci sia un contribuente che ha la sua prima iscrizione dopo il 1995, questo lavoratore non solo deve arrivare a 20 anni di carriera minima. Ma deve anche riuscire a prendere una pensione pari almeno all’assegno sociale, altrimenti nulla da fare.
E allora ecco che si configura lo scenario di una pensione mai presa nonostante 20 anni di contributi raggiunti se non addirittura superati. E dal momento che i dati citati prima e prodotti dalla Confcommercio mettono in luce il fatto che molti pensionati avranno pensioni da fame, soprattutto questi iscritti alla Gestione Separata, ecco che per certi versi andare in pensione per loro prima di tutto sarà una autentica impresa. E poi, anche raggiungendo l’obiettivo, la pensione presa sarà come detto da fame.
Nei dati di oltre mezzo milione di iscritti alla Gestione Separata il loro reddito medio si assesta intorno ai 18.000 euro annui. Poco per garantirsi, in base ai versamenti che ricordiamo, sono commisurati al reddito, una pensione futura superiore all’assegno sociale.
