Per trovare una quotazione in euro più bassa, bisogna tornare indietro alla fine di giugno. Bitcoin sprofonda di quasi il 18% dai massimi di luglio e la colpa sarebbe delle “balene”. A 87.500 euro, da quasi un mese non vede più la soglia dei 100.000. Se passiamo alla quotazione in dollari, si attesta in area 101.000 e solamente un mese fa raggiungeva un nuovo massimo a oltre 124.000. Ma proprio nell’ultimo mese, secondo Markus Thielen, a capo di 10x Research, risulterebbero venduti 45.000 Bitcoin da parte degli investitori a lungo termine.
Portafogli concentrati
Per capire le ragioni del tonfo, dobbiamo andare al cuore del problema.
I portafogli sono molto più concentrati di quanto immaginiamo. Ancora oggi, poco più di 2.000 indirizzi posseggono oltre il 35% dei token digitali in circolazione. Trattasi di coloro che in gergo sono definiti “balene”, cioè in possesso di almeno 1.000 Bitcoin. Queste persone sono virtualmente molto ricche, dato che oggi detenere 1.000 Bitcoin implica un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari. Tuttavia, fintantoché questa “criptovaluta” non viene monetizzata, la loro ricchezza resta sulla carta.
Ed ecco cosa succede ad ogni ciclo bull: le balene vendono parte dei Bitcoin in portafoglio per monetizzare tale ricchezza. Poiché incidono in misura notevole sull’offerta complessiva globale, finiscono per arrestare il trend rialzista e per innescarne uno temporaneamente ribassista. La buona notizia di queste settimane è che il crollo dei prezzi non c’è stato. Da un lato si sono registrate vendite dagli investitori a lungo termine, dall’altro acquisti dagli istituzionali desiderosi di fare ingresso su questo mercato.
Mercato meno volatile
In un certo senso, quanto sta accadendo deve considerarsi positivo per almeno due ragioni.
La prima è che una correzione può rilanciare la domanda e gli stessi prezzi nei prossimi mesi. La seconda riguarda una maggiore “democratizzazione” del mercato. Bitcoin meno concentrati nelle mani delle balene e più diffusi tra il grande pubblico e gli istituzionali favoriscono un mercato più liquido e meno volatile. A sua volta, la maggiore stabilità può attirare domanda proprio da coloro che ad oggi sono rimasti alla finestra per timore delle fluttuazioni repentine e violente.
Mettersi nei panni delle balene risulta difficile, alla luce di quanto accaduto negli anni a Bitcoin. Vi ricordate la storia di Laszlo Hanyecz, il giovanotto che il 22 maggio 2010 pagò due pizze per 10.000 Bitcoin? Finora abbiamo raccontato solo la parte della storia che lo riguarda. A incassare tale criptovaluta fu il 19-enne Jeremy Sturdivant, che rispose all’annuncio e si occupò di pagare in contante per conto della controparte le pizze a Papa John’s. Peccato che subito dopo la rivendette per pagarsi un viaggio negli States con la fidanzata. Mai errore più grande. Oggi, avrebbe in mano un tesoro di oltre 1 miliardo di dollari.
Dilemma Bitcoin per balene
Le balene vorrebbero pur monetizzare tale ricchezza dai Bitcoin, ma temono di fare la fine di tale Sturdivant. Per questo escono dal mercato molto lentamente, oltre che per evitare di impattare sui prezzi.
Per ipotesi, se un Bitcoin salisse a 1 milione di dollari, un portafoglio di 1.000 unità arriverebbe a valere 1 miliardo contro i circa 100 milioni attuali. Meglio pazientare per cercare di diventare straricco, anziché fare subito cassa e diventare solo ricco.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

