L’età pensionabile ufficiale in Italia risulta tra le più alte in Europa? Diversa la situazione quando si calcola l’età pensionabile effettiva, che tiene conto delle numerose scappatoie per poter andare in quiescenza prima. In realtà, il problema della nostra previdenza continua ad essere un altro: trascorriamo molti meno anni al lavoro rispetto agli altri stati europei. I numeri dell’Eurostat non lasciano scampo: un italiano lavora in media 32,8 anni contro i 37,2 anni in UE. Peggio di noi solo Romania (32,7) e Turchia (30,2), sebbene quest’ultima non faccia parte dell’UE.
Cifre pietose per l’occupazione femminile
A primeggiare nel continente sono gli olandesi, che trascorrono al lavoro ben 43,8 anni.
Ben 11 in più di noi italiani. E quando si va ad approfondire i dati, scopriamo che il problema riguarda essenzialmente le donne. In media, gli uomini nell’UE lavorano 39,2 anni contro i 37,2 dell’Italia. Una differenza di 2 anni, non certo abissale. Ma le donne nell’UE passano al lavoro 35 anni contro i 28,2 dell’Italia. In questo caso, la differenza s’innalza a 6,8 anni.
Gli uomini olandesi risultano i più stakanovisti con 45,7 anni, +8,5 rispetto ai colleghi italiani. E dobbiamo andare in Estonia per trovare le donne dalle carriere più longeve con 42,2 anni: +14 sulle italiane. In generale, negli ultimi anni la longevità media sul posto di lavoro si è allungata nel continente. Tra il 2015 e il 2024 ha segnato +2,3 anni. E in Italia? Stesso trend con 2,1 anni. Tuttavia, essendo partiti da livelli più bassi, avremmo dovuto fare ancora meglio. Invece, abbiamo fatto un po’ peggio.
Bassa occupazione giovanile e lavoro nero
Nel dettaglio, gli uomini italiani hanno aumentato il tempo trascorso sul posto di lavoro di 1,8 anni, esattamente quanto la media UE.
Le donne hanno incrementato la loro carriera di 2,5 anni, un po’ meno dei 2,7 anni della media UE. A cosa si devono tali differenze? E’ noto che in Italia abbiamo una bassissima occupazione giovanile, al 17,9% a settembre per la fascia di età 15-24 anni. Questo significa che l’ingresso nel mercato del lavoro inizia già tardi. Dopodiché, la permanenza è costellata da troppe interruzioni, vuoi per la brevità dei contratti, vuoi anche per i periodi di maternità nel caso delle donne.
Rispetto ai colleghi europei, poi, i lavoratori italiani hanno beneficiato per diversi decenni della possibilità di uscire dal mercato del lavoro prima per andare in pensione. E questo ha ridotto per molto tempo il tasso di occupazione tra gli over 60, una fascia di età in cui l’Italia sta recuperando ultimamente. Infine, il problema annoso del lavoro nero. E’ molto diffuso, particolarmente al Sud. Si calcola che 3 milioni di lavoratori in Italia non siano in regola. Ignoti alle statistiche ufficiali, al fisco e all’INPS, nonché sprovvisti di tutele di ogni tipo.
Pochi anni di lavoro, rischio povertà
Quando parliamo di età pensionabile, dovremmo prima concentrarci su questi numeri. Sarebbe, altrimenti, come discutere del tetto di una casa ancora da costruire.
Non è più sostenibile un sistema in cui si entra nel mercato del lavoro a ridosso dei 30 anni per uscirne subito dopo i 60. A maggior ragione con il metodo contributivo, che lega l’importo dell’assegno ai contributi versati. Carriere brevi e discontinue preannunciano pensioni basse e tali da lanciare sin da oggi un grave allarme povertà per i futuri pensionati.
giuseppe.timpone@investireoggi.it