Sicuramente è la prestazione più richiesta e più importante tra quelle destinate ai disabili: l’indennità di accompagnamento. È una prestazione economica mensile che spetta ai soggetti con invalidità civile al 100%, con totale e permanente riduzione della capacità lavorativa e con difficoltà a svolgere le attività della vita quotidiana, come per esempio il deambulare. In pratica, parliamo di persone che non possono stare senza un “accompagnatore”.
Ecco dunque spiegata la prestazione e il perché del nome stesso, indennità di accompagnamento. Su questo strumento, però, ci si scontra spesso con la dura realtà: domande bocciate, gradi di invalidità sottostimati o riconoscimento del 100% senza concedere l’accompagnamento.
Non raramente si finisce davanti a giudici e tribunali, con cittadini che fanno ricorso contro le decisioni avverse. Proprio grazie ad alcune decisioni dei giudici, l’indennità di accompagnamento potrebbe essere diventata più facile da ottenere. Usiamo il condizionale perché, come vedremo, parliamo di una sentenza: in Italia le sentenze non cambiano direttamente la legge, ma creano un precedente a cui appigliarsi in caso di reiezione, presentando naturalmente ricorso.
Indennità di accompagnamento invalidi civili più facile adesso, novità dalla Cassazione
Quanti presentano domanda per l’indennità di accompagnamento e, dopo la visita presso la Commissione Medica INPS-ASL, si vedono respingere la pratica? Sicuramente molti. Eppure contro le decisioni dei commissari si può fare ricorso. Se una domanda viene bocciata per motivi reddituali (non è questo il caso dell’accompagnamento, che non è in alcun modo collegato ai redditi), l’interessato può agire in autotutela con un ricorso amministrativo. Per le questioni sanitarie legate al grado di disabilità, invece, occorre passare da un avvocato, con eventuale consulenza tecnica d’ufficio e nuova valutazione medico-legale.
Molti, dopo la reiezione, si fermano e non proseguono. Adesso, però, potrebbe essere più conveniente andare avanti: è probabile che sia più semplice ottenere l’ok all’indennità.
La supervisione equivale alla necessità di assistenza continua
Come detto, l’indennità di accompagnamento è spesso appannaggio di chi ha gravi difficoltà a deambulare. Una nuova sentenza della Cassazione rilegge questo requisito. Si tratta dell’ordinanza n. 28212 del 2025: non è necessario presentare evidenti deficit fisici della deambulazione per ottenere l’accompagnamento. In altre parole, non serve avere problemi agli arti inferiori, né essere costretti a letto, per vedere riconosciuta la difficoltà deambulatoria.
È sufficiente che il soggetto necessiti di supervisione durante gli spostamenti, per il concreto rischio di cadute o incidenti legato alla patologia. Dunque, anche se la persona cammina da sola, se deve essere monitorata perché non può essere lasciata sola, l’accompagnatore è da considerarsi necessario: questa, in sostanza, la lettura della Suprema Corte.
Gli ermellini hanno dato ragione a un ricorrente che ha dimostrato come, pur muovendosi da solo con appoggio, non potesse essere lasciato senza assistenza durante gli spostamenti per il rischio concreto di cadute e infortuni. Un’interpretazione che rafforza l’idea che la “supervisione costante” costituisca di per sé un bisogno di assistenza continua, rendendo più agevole il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento nei casi in cui la sicurezza della persona risulti compromessa anche in assenza di deficit motori appariscenti.