Per trovare rendimenti decennali così bassi in Italia bisogna tornare indietro allo scorso mese di dicembre. Il 3,34% minimo intraday toccato ieri è nettamente inferiore al 3,54% di appena una settimana prima. Più in generale, i rendimenti lunghi sono in forte calo. Ad esempio, anche il BTp a 30 anni offre il minimo dallo scorso giugno. Un fenomeno non solo italiano.
Giù petrolio e gas
Per capire la ragione di questo trend, bisogna spostarsi probabilmente su un altro mercato: l’energia. Ieri, il Brent era sceso ai livelli minimi da maggio e sotto i 61 dollari al barile. Le sue quotazioni medie in questo mese di ottobre viaggiano sotto i 64 dollari contro i quasi 77 dollari dello stesso periodo dell’anno scorso.
E a fronte di un euro più forte contro il dollaro. Il costo effettivo per noi importatori risulta sotto i 55 euro contro i 70 di un anno fa. Un crollo di quasi il 22%.
E anche il gas europeo alla Borsa di Amsterdam si mostra meno caro rispetto allo scorso anno. In media, da inizio mese lo si è comprato a poco più di 32 euro per Mega-wattora contro i 39,69 euro di un anno fa. Anche in questo caso c’è stato un tracollo superiore al 19%. E questi numeri c’entrano con i rendimenti lunghi, i quali risentono delle aspettative d’inflazione degli investitori. L’energia meno cara implica una possibile discesa per i prezzi al consumo nell’Eurozona.
Minori tensioni e petrolio in eccesso
A cosa si deve lo sgonfiamento delle quotazioni di petrolio e gas? Le tensioni internazionali si stanno allentando da un lato, specie dopo l’accordo di pace firmato in Egitto tra Israele e Hamas e la nuova telefonata tra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin. Inoltre, il mercato del greggio si caratterizza per un’offerta in rialzo e una domanda stabile, con la prospettiva di un eccesso di produzione anche forte nel 2026.
E’ lo scenario che teme l’OPEC+, il cartello guidato dall’Arabia Saudita e che all’esterno vede la partecipazione di stati come la Russia e il Kazakistan.
I rendimenti lunghi precipitano per effetto, dunque, di pressioni attenuate sui prezzi dell’energia. Ricordiamo che l’inflazione in Occidente è ricomparsa dopo anni proprio a causa del caro energia. La Banca Centrale Europea per il momento segnala che il ciclo dei tagli ai tassi di interesse sarebbe concluso. Né il mercato si attende che ve ne sarà qualcun altro da qui ai prossimi mesi. Le decisioni di Francoforte, tuttavia, impattano più direttamente il tratto medio-breve della curva delle scadenze.
Effetto debiti sui rendimenti lunghi
Il tracollo dell’energia non autorizza ad immaginare che i rendimenti lunghi proseguiranno la discesa fino a chissà quali minimi. C’è una questione enorme che da mesi assilla gli investitori e che riguarda la sostenibilità dei debiti sovrani. Gli Stati Uniti non riescono a ridurre il loro immenso deficit neppure in anni di crescita economica.
In Giappone non esiste alcuna volontà dichiarata di risanare i conti pubblici e in Europa c’è il tema del riarmo a richiedere ingenti risorse pubbliche per i prossimi anni o forse decenni. Gli obbligazionisti pretendono premi più alti che in passato per acquistare scadenze lunghe, consapevoli che la situazione fiscale degli stati emittenti possa deteriorarsi ulteriormente in futuro.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

