Quando ieri è stata annunciata la lista dei ministri da parte del premier Sébastien Lecornu, a destra è scattata una rivolta apparentemente inspiegabile. Il leader dei Repubblicani, Bruno Retailleau, era stato confermato ministro dell’Interno e nel complesso la compagine appariva persino sbilanciata a loro favore, a dispetto di numeri striminziti nell’Assemblea Nazionale, dove il partito neogollista detiene solo 47 deputati su 577. Ma c’era un Bruno di troppo, che di cognome fa Le Maire. Nominato ministro delle Forze Armate, ossia della Difesa, non è andato giù agli ex compagni di partito.
Faida a destra
Bruno Le Maire, classe 1969, fu dei Repubblicani fino al 2017, quando prese armi e bagagli e traslocò tra i centristi del neo-presidente Emmanuel Macron per diventare ministro dell’Economia. Un tradimento che è pesato nelle scorse ore nelle trattative tra Lecornu e i suoi stessi gruppi che lo sostenevano. Inaccettabile per la destra stare nel governo insieme a un uomo che simboleggia la loro disfatta con l’avvento del macronismo.
Aut aut dei Repubblicani
Di fatti, proprio Retailleau ieri sentenziava: “non c’è stata la rottura richiesta”. E Laurent Wauquiez, altro esponente di peso dei Repubblicani, tuonava contro la nascita del nuovo governo. Questa mattina, il partito si era riunito per fare il punto. E aveva fatto recapitare un messaggio al primo ministro: “o noi o Bruno Le Maire”. Non era solo una questione di rancori. L’uomo è stato il volto della gestione delle finanze statali tra il 2017 e il 2024, ossia del macronismo economico. Sotto di lui il debito pubblico è esploso di oltre 1.000 miliardi di euro, salendo al record del 113% del Pil.
Impensabile per i Repubblicani stare in un governo che avrebbe dovuto imporre sacrifici ai francesi, a fianco di colui che viene ritenuto il responsabile di questo disastro fiscale. In effetti, i conti pubblici con la pandemia sono andati fuori controllo. Anziché scendere, il deficit ha ripreso a salire nel 2024 rispetto al Pil. Da cui la crisi fiscale in corso con i declassamenti del rating da parte delle agenzie e l’esplosione dei rendimenti insieme allo spread.
Bruno Le Maire volto del macronismo economico
Lecornu ha fiutato l’aria e si è dimesso prima che il gioco dei veti incrociati portasse all’inevitabile paralisi. Bruno Le Maire non è stato che la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sarebbe stata una questione di giorni, ma sarebbe finita allo stesso modo. E’ la fine senza più alcun dubbio del macronismo. E ad accelerarla, pur involontariamente, è stato uno dei suoi principali esponenti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


