Tra le novità in materia previdenziale c’è quella che probabilmente si chiamerà pensione anticipata flessibile Quota 41. Una misura nuova che, però, richiama in gran parte la Quota 103 per quanto riguarda i requisiti: età minima da raggiungere e carriera contributiva da completare.
La Quota 103 dovrebbe essere chiusa e sostituita proprio dalla Quota 41 flessibile, che promette di essere meno penalizzante rispetto alla precedente. I tagli, infatti, non riguarderanno tutti, ma solo chi avrà un ISEE superiore a una certa soglia. Per la prima volta, dunque, l’ISEE entrerà direttamente nel calcolo della pensione.
Un cambiamento che solleva diverse criticità: le pensioni saranno comunque tagliate, e il meccanismo dell’ISEE rischia di generare situazioni discriminatorie e discutibili.
Pensioni tagliate nel 2026, il 10% in meno e dipende dai redditi 2024
Per comprendere bene la novità è utile partire dalla Quota 103. Questa prevedeva almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età minima. Il vero limite della misura, che l’ha resa poco utilizzata, è stato il calcolo interamente contributivo, con forti riduzioni dell’assegno.
Il governo ora intende superare questa criticità con la Quota 41 flessibile, che richiederà sempre 62 anni di età e 41 di contributi, ma non sarà calcolata interamente col sistema contributivo.
Al suo posto verrà applicato un taglio lineare dell’assegno, proporzionato agli anni di anticipo rispetto ai 67 anni:
- 2% in meno se si esce a 66 anni,
- 4% in meno a 65 anni,
- 6% in meno a 64 anni,
- fino al 10% in meno per chi sfrutta il massimo anticipo, uscendo a 62 anni.
La novità è che questi tagli riguarderanno solo chi ha un ISEE superiore a 35.000 euro. Chi ha un ISEE più basso non subirà alcuna penalizzazione.
Pensioni tagliate e basate sull’ISEE, ecco le cose che non tornano
Apparentemente, la misura è più favorevole della Quota 103. Infatti, con la precedente formula, chi aveva già oltre 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 vedeva la pensione ridotta del 30% e oltre. Con la Quota 41 flessibile, invece, i tagli saranno sempre più contenuti, fino a un massimo del 10%.
Il problema, però, nasce dal fatto che il criterio viene legato all’ISEE e non ai redditi reali del singolo. L’ISEE, come noto, si calcola attraverso la DSU e fa riferimento a redditi e patrimoni del nucleo familiare di due anni prima.
Per esempio:
- l’ISEE 2025 si basa sui redditi del 2023,
- l’ISEE 2026 si baserà sui redditi del 2024.
Chi ha avuto redditi elevati in quegli anni (per esempio da lavoro dipendente) rischia di vedersi attribuito un ISEE alto, anche se al momento del pensionamento le sue condizioni economiche sono peggiorate. Con il risultato di una pensione tagliata per tutta la vita, senza possibilità di ricalcolo.
ISEE ordinario, ISEE corrente e i problemi della Quota 41 flessibile
Il rischio concreto è che alcuni pensionati vengano penalizzati per sempre in base a una situazione economica non più attuale.
La soluzione potrebbe essere l’uso dell’ISEE corrente, che aggiorna in tempo reale le condizioni reddituali e patrimoniali del nucleo familiare. Tuttavia, questo strumento ha limiti precisi:
- vale solo 6 mesi;
- scaduto tale termine torna in vigore l’ISEE ordinario, basato sui redditi di due anni prima.
E qui sta la vera criticità: la liquidazione della pensione avviene una sola volta. Non è possibile ricalcolare l’assegno periodicamente in base all’ISEE. Ciò significa che un taglio applicato al momento della liquidazione rimarrà definitivo.
Ecco perché la novità che il governo intende introdurre con la Quota 41 flessibile deve essere maneggiata con cautela. I legislatori saranno chiamati a chiarire tutti questi dubbi, perché un sistema basato sull’ISEE, senza correttivi adeguati, rischia di produrre forti ingiustizie sociali.