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Oggi: 05 Dic, 2025

In pensione chi perde il lavoro a 62 anni

Ecco perché il disoccupato che perde il lavoro a 62 anni in futuro potrebbe avere possibilità di andare in pensione senza Ape o quota 41.
2 mesi fa
3 minuti di lettura
pensione 2026
Foto © Pixabay

Perdere il lavoro improvvisamente, perché l’azienda per cui si lavora fallisce. Oppure perché il datore di lavoro ha progetti diversi che non tengono conto della presenza di quel lavoratore. La tragedia che si può immaginare colpisce chi si trova in situazioni simili, ma può essere in parte ammortizzata. Da un lato grazie agli strumenti di salvaguardia già esistenti, che se combinati con le novità allo studio dei legislatori potrebbero risultare utili. Dall’altro, con la possibilità di lasciare per sempre il lavoro ed entrare prima del previsto nell’orbita delle pensioni.

“Gentile redazione di Investire Oggi. L’azienda per cui lavoro da vent’anni è sull’orlo del precipizio.

Compio 62 anni a dicembre e, alla fine, mi troverò senza lavoro visto che ha deciso di ridurre il personale già da ottobre, con la lettera di licenziamento che mi è arrivata mesi fa. Ripeto, ho 62 anni. Per fortuna ho diritto a due anni di Naspi, ma trovare un nuovo impiego non è certo semplice.

Secondo voi, nel 2027, quando terminerò di percepire la Naspi, potrò andare in pensione con l’Ape sociale? So che è una misura non definitiva e che viene prorogata di anno in anno. Ho paura che venga cancellata proprio quando servirà a me. Visto che oggi ho 36 anni di contributi e che con i due anni di Naspi arriverò a 38, mi sentirei male se non potessi andare in pensione, restando con il concreto rischio di essere inoccupato per altri 3 o 4 anni.”

In pensione chi perde il lavoro a 62 anni

Il disoccupato ha già oggi dei canali preferenziali di pensionamento. Ci sono la quota 41 per i lavoratori precoci e l’Ape sociale, due strumenti pensati anche per i disoccupati.

Tuttavia hanno requisiti diversi e spesso complessi da centrare.

La quota 41 non ha limiti di età, ma richiede ben 41 anni di contributi, oltre al requisito che almeno un anno – anche non continuativo – sia stato versato prima dei 19 anni di età. L’Ape sociale, invece, per i disoccupati si ottiene con almeno 30 anni di versamenti, ma solo dopo aver raggiunto i 63 anni e 5 mesi.

In entrambi i casi, il disoccupato deve aver terminato la Naspi spettante. Significa che si deve trattare di una perdita del lavoro involontaria (non dimissioni volontarie, salvo giusta causa). Senza Naspi, nessuna possibilità di pensionamento con queste due misure.

Inoltre, per la quota 41, è necessario che l’ultima mensilità di Naspi percepita sia di almeno 3 mesi antecedente alla domanda di pensionamento.

Perché si aprono maggiori possibilità di andare in pensione per chi perde il lavoro a 62 anni di età

Nel 2026 la quota 41 sarà sicuramente ancora in vigore per i precoci. Anche l’Ape sociale dovrebbe restare. Ma il nostro lettore guarda oltre: oggi ha 62 anni e, con i suoi 36 anni di contributi, non potrebbe accedere né alla quota 41 (gli mancano anni di versamenti), né all’Ape sociale (gli manca l’età).

In più, sta ancora lavorando: potrà parlare di pensione solo dopo aver terminato i due anni di Naspi.

Ma nel 2027 non è certo che l’Ape sociale venga confermata. Noi crediamo che abbia tutte le caratteristiche per diventare una misura strutturale del sistema, ma la decisione spetterà al legislatore. Tuttavia, è altrettanto vero che il nostro lettore potrebbe trovare un canale di uscita alternativo nel 2027, indipendentemente dall’Ape sociale e dalla Naspi.

Ecco come a 64 anni tutto diventerà più semplice, governo permettendo

Perché il nostro lettore dovrebbe poter andare in pensione comunque? La risposta è semplice. Nel 2027 compirà 64 anni, età che dal 2026 dovrebbe diventare la nuova soglia di uscita grazie a una misura che molti chiamano quota 89. Il nome deriva dalla somma di 64 anni di età e 25 anni di contributi: la combinazione necessaria per accedere alla pensione.

Questa misura prevede che l’importo della pensione sia almeno pari a 3 volte l’assegno sociale. La novità, però, è che tale soglia potrà essere raggiunta anche con l’aiuto della previdenza integrativa o del TFR, che potrà essere erogato come rendita mensile invece che in un’unica soluzione.

Il nostro lettore, grazie ai 38 anni di contributi che raggiungerà nel 2027 con i figurativi della Naspi, dovrebbe riuscire ad andare in pensione a 64 anni senza dover ricorrere a TFR o previdenza integrativa. Alla luce della sua carriera contributiva, al termine della Naspi dovrebbe dunque poter accedere direttamente alla pensione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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