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Oggi: 05 Dic, 2025

Il boom dell’oro gonfia il bilancio di Bankitalia, mentre l’euro resta scoperto

Il valore delle riserve alla Banca d'Italia s'impenna con il boom dell'oro, mentre l'euro rimane una moneta senza asset fisici a garanzia.
2 mesi fa
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Riserve auree di Bankitalia
Riserve auree di Bankitalia © Licenza Creative Commons

Non c’è sosta per il boom dell’oro, che ieri ha sfiorato i 3.800 dollari l’oncia, segnando l’ennesimo record storico. Il metallo giallo rincara per diverse ragioni. La prima è che le banche centrali nel loro complesso stanno tagliando i tassi di interesse. La scorsa settimana è tornata a farlo la Federal Reserve. E l’inflazione nel frattempo non si è placata, anzi ha rialzato la testa negli ultimi mesi, complici le tensioni commerciali legate ai dazi negli Stati Uniti. L’energia continua a costare troppo in Europa, dove la dipendenza dal gas russo è stata forte fino alla guerra in Ucraina iniziata nel 2022.

Boom dell’oro tra debiti e crisi fiscali

Infine, ci sono i debiti. Non fanno che crescere ovunque e i governi, anziché rassicurare sul risanamento fiscale, lanciano messaggi di senso opposto. L’amministrazione Trump taglia le tasse in deficit, l’Europa aumenta la spesa pubblica senza coperture. Il boom dell’oro è la spia del malessere sui mercati verso un sistema finanziario “dollaro-centrico” sempre più percepito come poco sostenibile.

Il “safe asset” o “porto sicuro” per eccellenza è un’alternativa affidabile al dollaro, unità di conto e riserva di valore da secoli. Non c’è dubbio che l’esplosione delle quotazioni segnali caos. D’altra parte, c’è chi può sorridere. Banca d’Italia è tra questi. Detiene le terze riserve auree sovrane del mondo dopo Stati Uniti e Germania. A bilancio ha iscritte 2.451,8 tonnellate. Di queste, 1061,5 (43,29%) si trovano in custodia nei forzieri della Federal Reserve, altre 149,3 (6,09%) in Svizzera e 141,2 (5,76%) nel Regno Unito.

Riserve auree italiane si rivalutano

Come mai la maggior parte delle riserve auree italiane si trova all’estero? Ragioni di sicurezza, emerse nel secondo dopoguerra. C’era il rischio che l’Unione Sovietica, occupando il nostro territorio, mettesse le mani sui lingotti. Meglio portarli lontano, come fece tra l’altro la Germania.

Chi immagina oggi che fossero preoccupazioni eccessive, sappia che i nazisti con l’occupazione nel 1943 si portarono in Germania 120 tonnellate di oro italiano. E 25 tonnellate non ci furono mai restituite. L’occupazione dell’Ucraina ha fatto riemergere il rischio geopolitico, che avevamo considerato praticamente azzerato per decenni.

Tornando al boom dell’oro, a beneficiarne è senza dubbio il bilancio di Bankitalia. Le riserve a fine 2024 furono valutate ai prezzi di mercato qualcosa come 198 miliardi di euro. Ai prezzi attuali, sfiorerebbero i 253 miliardi. Un aumento di 55 miliardi, che ufficialmente accresce la solidità finanziaria non solo dell’istituto, bensì dell’intero sistema italiano. E’ vero che Palazzo Koch non stampa più moneta per conto proprio, facendo parte del sistema delle banche centrali a capo dell’euro. Tuttavia, il suo attivo patrimoniale è un indice che contribuisce insieme ad altri a fornire un quadro sulla robustezza del sistema Italia.

Non a caso dopo il 1945 Bankitalia compì una scelta ben precisa: usare parte degli attivi delle partite correnti per acquistare lingotti e mostrarsi al mondo finanziariamente solido. Dalla guerra era uscita con appena 20 tonnellate tra le riserve, mentre nel 1960 ne possedeva già 1.400.

E continuò ad accumularle negli anni dell’inflazione galoppante, quando la lira subì un tracollo di credibilità sui mercati internazionali.

Anomalia BCE

Il boom dell’oro farà felice tanti istituti, ma poco la Banca Centrale Europea. Questa ne possiede direttamente appena 506,52 tonnellate. E’ vero che le riserve auree delle 20 banche centrali aderenti all’Eurosistema nel complesso ammontano a circa 10.260 tonnellate. Se considerate nel loro insieme, superano di gran lunga persino le 8.133 tonnellate della FED. Salirebbero al primo posto nel mondo. Ma questa è pura teoria. Nessuno sarebbe credibilmente capace oggi di affermare che, in caso di necessità, le banche centrali nazionali rinuncerebbero a parte delle rispettive riserve per affidarle a Francoforte.

Vi immaginate la Bundesbank disfarsi dell’oro gelosamente custodito dopo averlo in gran parte rimpatriato dagli Stati Uniti nel decennio passato? I lingotti servono ufficiosamente da garanzia immediata per il debito pubblico. E questo diventa un problema per l’euro. Mentre la Cina accumula riserve auree per garantire il suo yuan in un’ottica non più così futura, l’euro rimane l’unica grande valuta mondiale “scoperta”. Forse non è un caso se ancora incide per appena un quinto delle riserve valutarie mondiali contro il 58% del dollaro.

Euro senza copertura dell’oro in pieno boom

Acquistare lingotti in pieno boom dell’oro potrebbe rivelarsi una scelta vincente per la BCE. Così facendo, lancerebbe al mondo un messaggio politico dirompente: “siamo pronti a garantire l’euro con asset fisici, vogliamo renderlo una valuta solida per il mondo intero”. Anziché essere costituito da attività solamente finanziarie con un rischio di controparte non indifferente, il bilancio di Francoforte farebbe un salto di qualità. L’euro diverrebbe un concorrente temibile del dollaro. Ad oggi non lo è anche per l’anomalia di non risultare coperto dall’unico asset che mette d’accordo gli investitori da ogni angolo del pianeta. Con quali soldi fare shopping? Ci sono i pagamenti dei bond governativi e corporate in scadenza, qualcosa come 400 miliardi di euro con il solo Quantitative Easing nei primi otto mesi dell’anno. Meno crediti di carta e più asset tangibili.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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