Vuoi vedere che alla fine aveva ragione Elsa Fornero quando varò quella tremenda riforma delle pensioni che ancora oggi toglie il sonno ai contribuenti? Infatti, alla base delle ragioni che spinsero l’allora governo Monti a introdurre quella riforma, c’erano i problemi di insostenibilità a cui andava incontro il sistema pensionistico italiano.
Sarà anche una magra consolazione, ma notizie che provengono da Paesi vicini dimostrano come non sia solo l’Italia ad avere questo tipo di problematiche. Tanto che oggi c’è chi sostiene che, se non ci fosse stata la legge Fornero, anche da noi la situazione sarebbe stata drammatica, come accade per esempio in Francia.
I redditi dei lavoratori e dei pensionati finiscono infatti sotto la lente d’ingrandimento dei problemi che i nostri “cugini” transalpini stanno affrontando.
I problemi delle pensioni in Italia, ecco cosa ha fatto la riforma Fornero
Si parla sempre di cosa abbia fatto la legge Fornero e degli effetti che ha prodotto. Ma non tutti sanno effettivamente cosa accadde con la riforma delle pensioni introdotta dall’allora governo tecnico guidato da Mario Monti.
Con quella riforma le pensioni si allontanarono nel tempo. Sparirono le pensioni di anzianità, che consentivano il pensionamento con 40 anni di contributi senza alcun limite anagrafico. Ci fu la chiusura della cosiddetta quota 96, che permetteva di andare in pensione a 60 anni di età con 35 anni di contributi. E furono gettate le basi per un progressivo aumento dell’età pensionabile: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, con l’aggiunta di un aggiornamento biennale dei requisiti di accesso e delle regole di calcolo dei trattamenti, basato sulle aspettative di vita della popolazione.
Tutto questo ha portato fino ai giorni nostri, con effetti che hanno inciso pesantemente sulle possibilità di pensionamento dei cittadini. Oggi la pensione di vecchiaia è fissata a 67 anni di età, senza distinzione tra uomini e donne. Le pensioni anticipate (ex anzianità) sono possibili solo con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, con l’aggiunta di una finestra mobile di 3 mesi. In sostanza, la situazione è peggiorata.
Pensionati con redditi più alti dei lavoratori dipendenti: quando accade e perché è un problema
Ma perché fu necessaria la riforma delle pensioni di Elsa Fornero? La risposta sta nella sostenibilità del sistema. In Italia i problemi non mancano: scarse nascite, che in futuro comporteranno sempre meno lavoratori; invecchiamento della popolazione, con una speranza di vita tornata a crescere dopo la pandemia; e un quadro che si traduce in sempre meno lavoratori e sempre più pensionati.
Se a questo aggiungiamo che oggi è difficile trovare un lavoro stabile e, quando lo si trova, spesso è sottopagato, il problema diventa ancora più evidente. Sono infatti i lavoratori a versare i contributi che finanziano le pensioni. E se il numero dei pensionati cresce mentre i lavoratori diminuiscono, il rischio concreto è quello di non avere risorse sufficienti in cassa per pagare le prestazioni.
Da qui l’esigenza di spostare sempre più in avanti l’accesso alla pensione e, in molti casi, con importi inferiori rispetto al passato. Un dato inequivocabile è proprio il calo degli assegni pensionistici. A parità di contributi ed età, una pensione liquidata nel 2025 sarà più bassa di una liquidata nel 2024 o negli anni precedenti.
In Francia pensionati con redditi maggiori e pensioni prima, ma il sistema rischia grosso
L’esempio dei Paesi vicini mostra come chi sostiene che la legge Fornero sia stata una scelta lungimirante, seppur forse insufficiente, si basi su quanto sta accadendo in Francia.
Lì, infatti, la situazione per certi versi è ancora più critica della nostra: il rapporto tra lavoratori e pensionati è squilibrato a favore dei secondi. E, in aggiunta, i pensionati francesi percepiscono pensioni più elevate rispetto a quelle italiane. E con la possibilità di uscita dal lavoro a età mediamente più basse.
Ma soprattutto, i pensionati hanno redditi superiori a quelli dei lavoratori attivi. Ciò significa che i pochi lavoratori rimasti, già meno numerosi dei pensionati, percepiscono redditi inferiori, aggravando ulteriormente il problema della sostenibilità del sistema.