Anche il nuovo primo ministro Sébastien Lecornu rischia la mozione di censura, la terza in nove mesi. La sua nomina è arrivata la settimana scorsa dopo la caduta del governo Bayrou. E’ l’ennesimo, probabilmente l’ultimo coniglio estratto dal cilindro del presidente Emmanuel Macron. I socialisti hanno annunciato che staranno all’opposizione, ma un loro esponente di peso si è appellato nei giorni scorsi all’Eliseo per impedire l’inevitabile. Trattasi niente di meno che dell’ex presidente François Hollande, colui che nominò il suo successore ministro dell’Economia, pentendosi amaramente di essersi messo il nemico in casa.
“Lecornu ascolti le proposte dei socialisti. Se passa la censura, non vedo altra soluzione che lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale”, ha tuonato.
Cos’è la tassa Zucman proposta dai socialisti francesi
E tra le proposte dei socialisti vi è l’ormai famigerata “tassa Zucman”. Prende il nome da Gabriel Zucman, l’economista francese che l’ha proposta di recente per trovare le risorse necessarie al finanziamento degli investimenti nell’Unione Europea. Vediamo di cosa si tratta e perché può generare frizioni politiche insormontabili.
La premessa sarebbe di stangare tutti i patrimoni superiori ai 100 milioni di euro. In Europa risultano esservene 537, di cui 147 nella sola Francia. Qui, la ricchezza in mano ai “centimilionari” ammonterebbe a 730 miliardi. Un’imposta del 2% esiterebbe un gettito stimato tra 15 e 25 miliardi. E con i conti pubblici transalpini così dissestati, la proposta sulla tassa Zucman fa gola allo stato.
Macron alle strette, centro-destra contrario
Macron ha finora sempre rifiutato di cedere alla gauche sul fisco. Ha vinto per due volte le elezioni presidenziali promettendo di tagliare le tasse, non di aumentarle.
Certo, dinnanzi al rischio di dover rassegnare le dimissioni per il caos politico senza fine generato dal suo “pas faux” di un anno fa, tutto può accadere. L’Assemblea Nazionale è senza maggioranza dallo scriteriato scioglimento anticipato nel giugno del 2024. I centristi potranno sempre dire di non avere avuto alternative.
D’altra parte, la tassa Zucman è respinta con fermezza dai Républicains, la formazione neogollista di centro-destra. Senza i loro voti, l’appoggio dei socialisti neppure basterebbe. Anzi, i numeri dicono che Lecornu rischia di non farcela neppure con l’appoggio dei socialisti. Dovranno pescare anche tra i numerosi deputati indipendenti. I Verdi, ad esempio, hanno annunciato il voto contrario.
Eccesso di spesa pubblica in Francia
La proposta sulla tassa Zucman risulterebbe popolare tra i francesi, timorosi di essere chiamati a compiere sacrifici per risanare i conti pubblici. Tuttavia, sempre i numeri raccontano una storia differente. La Francia ha chiuso il 2024 con un deficit di 169 miliardi e una spesa pubblica di 1.670 miliardi, pari al 56,5% del Pil. A ben vedere, non esiste una carenza di entrate fiscali. Il problema di Parigi è l’eccesso di spesa, specie in assistenza sociale. E l’imposizione fiscale risulta già eccessiva, nonché fortemente progressiva, checché ne dicano socialisti e compagnia cantante.
Il decile dei contribuenti più ricchi versa il 74% dell’imposta sui redditi, una media di 15.300 euro a testa. Il decile più povero ottiene un credito d’imposta medio di 32 euro.
Lo 0,1% più ricco dei contribuenti versa oltre il 16% del gettito, qualcosa come 10,7 miliardi. I ricchi sono già spremuti, semplicemente lo stato francese soffre di bulimia e non riesce a farsi bastare mai ciò che incassa.
Entrate sovrastimate
Ci sono seri dubbi, inoltre, sulle effettive entrate che porterebbe la tassa Zucman. Il 2% può sembrare poco, ma trattasi di un’aliquota che andrebbe a colpire beni immobili non sempre messi a reddito e proventi finanziari non realizzati. Considerate un portafoglio azionario di 10 milioni di euro. Il titolare dovrebbe pagare 200.000 euro a titolo d’imposta. Per farlo è probabile che debba disinvestire parte del portafoglio, dato che non è detto che stia già incassando gli eventuali guadagni virtuali.
Una tassa Zucman metterebbe in fuga i capitali dalla Francia. Anche solo evitando di immaginare che accada, i contribuenti reagirebbero ottimizzando la base fiscale per minimizzare o neutralizzare del tutto il balzello. Bene che vada, le stime parlano di 5 miliardi di maggiori entrate: 0,2% del Pil. Il rischio sarebbe, in buona sostanza, di colpire duramente l’economia e gli investimenti per un beneficio effimero persino nella migliore delle ipotesi. Bayrou è appena caduto su una manovra di bilancio proposta nell’ordine dei 44 miliardi, mentre adesso si starebbe ragionando su un’ipotesi di 35 miliardi. Il calo del deficit sotto il 3% del Pil sarebbe rinviato ulteriormente al 2030.
Scontro con l’Italia sul presunto dumping
Un paio di settimane fa, l’allora primo ministro François Bayrou accusò l’Italia di fare dumping fiscale attirando i contribuenti più ricchi. Il riferimento fu all’imposta fissa di 200.000 euro all’anno (100.000 euro fino al 2024) sui redditi maturati all’estero per coloro che spostano la residenza nel nostro Paese. Tale affermazione fu la reazione proprio alla proposta dei socialisti di stangare i ceti più benestanti con la tassa Zucman. Un modo per sottrarsi al dibattito buttandola in caciara. Ma la gauche insiste e non è detto che Palazzo Matignon non ceda per evitare le urne.
Tassa Zucman in Francia benefica per l’Italia
Per l’Italia sarebbe un toccasana. Altri contribuenti danarosi si riverserebbero nelle nostre città, a beneficio delle nostre economie locali, non solo del gettito fiscale. Essere meta di chi possiede capitali non implica soltanto benefici per il mercato immobiliare di alta fascia. Ci sono settori che traggono vantaggio da tali flussi, tra cui quello finanziario, della consulenza e dell’intrattenimento.
Il clima più “business friendly” dell’Italia è stato riconosciuto di recente da Bloomberg, di solito non tenerissimo con il nostro Paese. Una tassa Zucman in Francia accentuerebbe la nostra diversità in positivo per chi detiene patrimoni di una certa consistenza.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
