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Oggi: 05 Dic, 2025

La Turchia ha emesso un bond in dollari da 2 miliardi, cosa c’è da sapere

La Turchia raccoglie 2 miliardi di dollari con l'emissione di un nuovo bond a 10 anni, attirando gran parte degli ordini da Regno Unito e USA
3 mesi fa
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La Turchia emette un nuovo bond in dollari a 10 anni
La Turchia emette un nuovo bond in dollari a 10 anni © Licenza Creative Commons

Nella giornata di mercoledì, la Turchia è tornata sui mercati internazionali con l’emissione di un nuovo bond in dollari a 10 anni. Ha così potuto raccogliere 2 miliardi nella valuta americana con l’obiettivo di finanziare “esigenze generali di bilancio”. Un’occasione per Ankara di valutare il suo appeal tra gli investitori stranieri, messo a dura prova di recente anche dai fatti di politica interna. A marzo, il sindaco di Istanbul e primario avversario del presidente Recep Tayyip Erdogan è stato arrestato con varie accuse di corruzione e sostegno al terrorismo curdo. Ne è seguita la fuga dei capitali dopo che erano tornati nel Paese anatolico grazie a una politica economica più ortodossa.

Bond Turchia, dati salienti

Il bond in dollari della Turchia è stato prezzato a 99,645 centesimi e stacca cedola del 6,95% per un rendimento lordo annuale in area 7%. Era atteso al 7,30% prima dell’emissione. Sarà negoziato alla Borsa di Lussemburgo e la data di regolamento è stata fissata per giorno 16 settembre. I tre quarti delle assegnazioni sono andati a USA (40%) e Regno Unito (35%).

Come valutare il nuovo bond della Turchia con scadenza nel settembre 2035? Partiamo da un dato: il premio offerto sul Treasury a 10 anni si aggira intorno a 300 punti base o 3%. L’anno scorso, lo spread era stato di circa un quarto di punto percentuale più basso. Il debito pubblico turco è ad alto rischio di credito dal punto di vista teorico. Le agenzie di rating assegnano ai suoi titoli giudizi bassi: BB- per S&P e Fitch, Ba3 per Moody’s. In tutti e tre i casi, tre gradini al di sotto del livello minimo “investment grade”.

Peso del debito estero

Eppure, il rapporto tra debito e Pil si attesta solamente al 25% contro il 135% dell’Italia e circa il 65% della Germania, a titolo di confronto. Come più volte abbiamo evidenziato, questo è soltanto uno degli indicatori da prendere a riferimento per valutare la situazione fiscale di un’economia. Nel caso della Turchia i bond in valuta estera vanno considerati alla luce di altri dati, tra cui le riserve valutarie. Al termine del primo trimestre ammontavano a 89,2 miliardi di dollari. Ma nell’aprile di quest’anno il debito estero a breve termine superava i 180 miliardi.

Cosa significa? La Turchia può rimborsare senza problemi i creditori esteri se dispone di sufficiente valuta come dollari ed euro in cassa. E i dati segnalano che al momento non è così. Nel suo complesso, l’economia (settore pubblico e privato) risulta esposta entro un anno per livelli doppi verso l’estero rispetto alla quantità di asset posseduti in valute straniere. Cosa ancora più antipatica, ha una bilancia dei pagamenti in passivo cronico. In pratica, esporta meno beni, servizi e capitali di quanti ne importa. E quest’altro dato svela che, anziché accumulare valuta, questa defluisce da Ankara. In sostanza, le pressioni per ripagare il debito estero aumentano.

Economia turca resta poco competitiva

Questo è il motivo principale per cui i bond della Turchia hanno giudizi così bassi.

Ci si mette anche il disordine monetario interno. Ad agosto l’inflazione è scesa al 32,95% annuale e al 2,04% mensile. Numeri ereditati da una gestione lassista della banca centrale fino a due anni fa, quando il presidente Erdogan dispose il cambio ai vertici per riassegnare all’istituto sufficiente autonomia nella lotta all’inflazione. I tassi di interesse furono alzati dall’8,5% al 50%. Sono ancora al 40,5%. Fino a quando durerà la pazienza del capo dello stato, notoriamente contrario ad una politica di alti tassi?

Fa specie che il recupero di competitività, fondamentale per ricostituire le riserve, non sia ancora avvenuto con un tracollo della lira turca del 55% in 3 anni contro il dollaro. Il problema sta nel fatto che il cambio si sia indebolito meno di quanto siano aumentati i prezzi al consumo nel confronto con le principali economie internazionali. In gergo, si dice anche che il cambio si è apprezzato in termini reali. Un fatto che paventa una nuova svalutazione, necessaria per ridurre le distorsioni e attirare capitali. Per i bond della Turchia in valute straniere non sarebbe una notizia neutrale. Il peso del debito estero sale con l’indebolimento del cambio, rendendone più difficile il rimborso e lo stesso pagamento periodico delle cedole. E un rischio di credito più alto influenza, oltre tutto, negativamente i prezzi.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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