François Bayrou è primo ministro francese dal dicembre scorso a coronamento di una lunga carriera politica all’insegna del centrismo. Uomo misurato e moderato, capace persino di dialogare apertamente con Marine Le Pen, la “dama nera” di Francia. Tra una settimana esatta è assai probabile che dovrà lasciare Palazzo Matignon per via della mozione di censura presentata dalla sinistra e che stavolta verrà votata anche dal Rassemblement National. Ieri, nel corso di un’intervista rilasciata a quattro reti televisive ha attaccato l’Italia, rea di fare “dumping fiscale” ai danni dei residenti più benestanti d’Oltralpe.
Risposta di Roma all’attacco di Parigi
Queste parole hanno attirato subito le ire di Roma.
La risposta di Palazzo Chigi non si è fatta attendere. La premier Giorgia Meloni nega le accuse, anzi notando come il suo governo abbia raddoppiato l’imposta prevista per coloro che trasferiscono la residenza sul nostro territorio nazionale. Ha rivendicato la maggiore attrattività dell’Italia, grazie all’opera del suo governo. Dall’opposizione il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, informa “l’amico Bayrou” di essere stato lui l’ideatore della misura di “dumping fiscale” contestata da Parigi.
Di cosa parliamo? Nel 2016 l’allora governo Renzi previde per coloro che avessero trasferito la residenza in Italia la facoltà di avvalersi di un’imposizione fiscale alternativa. Fu fissato un pagamento di 100.000 euro sui redditi maturati all’estero (+25.000 euro per ciascun familiare). Per i trasferimenti successivi al 10 agosto 2024 la somma è stata raddoppiata a 200.000 euro. Questa misura ha attirato diverse centinaia di paperoni e sta rendendo l’Italia principale meta per contribuenti abbienti in fuga tra l’altro dal Regno Unito con la fine del regime “
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Austerità in salsa francese
Perché la Francia si accorge solo adesso di questo “dumping fiscale” dell’Italia? La verità è più profonda. L’attacco di Bayrou avviene quasi per disperazione. La caduta del suo governo appare al momento una certezza. Egli non ha una maggioranza che gli consenta di approvare il nuovo bilancio. Vuole ridurre il disavanzo pubblico di 40 miliardi di euro e per farlo dovrà tagliare molte spese e aumentare le entrate. Nessun partito all’Assemblea Nazionale all’infuori dei centristi macroniani vuole assumersi tale responsabilità, anche perché i conti pubblici sono stati scassati proprio dall’ex maggioranza macroniana.
L’attacco sul “dumping fiscale” non vuole essere probabilmente un diversivo per spostare altrove l’attenzione, bensì una risposta alla richiesta del segretario socialista Olivier Faure di aumentare l’imposizione sui redditi più alti. Inaccettabile per il presidente Emmanuel Macron, che ha fatto del rilancio della competitività francese un cavallo di battaglia sin dalla sua discesa in campo nel 2017. Il suo primo ministro ha voluto svelare ai cittadini la ragione per cui non potrà accontentare la gauche: la Francia rischierebbe una fuga dei capitali.
Dumping fiscale punta dell’iceberg
Da mesi la stampa transalpina riporta articoli dal contenuto positivo sull’economia italiana. I nostri conti pubblici, un tempo temuti, ora sono apprezzati insieme alla stabilità politica. I rendimenti francesi hanno raggiunto i livelli italiani. Indebitarsi per Parigi costa quanto a Roma. L’eccezione francese non c’è più e questo fa svanire i sogni militaristi (a debito) dell’Eliseo, ammaccando l’orgoglio nazionale. Il “dumping fiscale” italiano in una qualche misura esiste, ma non è di certo neanche minima causa dei gravi squilibri macroeconomici dei nostri cugini. Parigi è nell’occhio del ciclone dopo essere stata risparmiata dai mercati per un quindicennio abbondante.
Aspettiamoci un crescendo di attacchi più o meno sguaiati man mano che la crisi finanziaria deflagrerà in tutta la sua virulenza.
giuseppe.timpone@investireoggi.it