La legge di Bilancio dovrebbe riscrivere anche se solo parzialmente la previdenza sociale italiana. Dovrebbero infatti nascere alcune nuove misure che si andranno ad affiancare a quelle solite e a quelle che verrebbero confermate dal governo in base alle ultime voci che circolano. Ma come si andrà in pensione nel 2026 è argomento che tra certezze e ipotesi va meglio approfondito. Ecco un quadro dettagliato misura per misura.
Come si andrà in pensione nel 2026 misura per misura
Partiamo dalle misure ordinarie. Infatti nel 2026 ci saranno come sempre le pensioni anticipate ordinarie, che si centrano con:
- almeno 42 anni e 10 mesi di età per gli uomini;
- almeno 41 anni e 10 mesi di età per le donne;
- nessun limite anagrafico;
- almeno 35 anni di contributi effettivi, senza considerare i figurativi da malattia o da disoccupazione.
La pensione di vecchiaia è un’altra misura che nel 2026 potranno sfruttare come sempre tutti i contribuenti. I requisiti sono sempre gli stessi e cioè:
- almeno 67 anni di età;
- almeno 20 anni di contributi;
- una pensione non inferiore all’importo dell’assegno sociale ma solo per chi ha il primo versamento dopo il 31 dicembre 1995.
E pensione ordinaria è pure l’anticipata contributiva. In questo caso una misura limitata solo a chi ha il primo accredito in epoca contributiva, ma con potenziali novità nella legge di Bilancio, con estensione anche agli altri della misura, anche se con alcune variazioni. La pensione anticipata contributiva prevede:
- almeno 64 anni di età;
- almeno 20 anni di contributi;
- pensione minima pari a 3 volte l’assegno sociale;
- pensione minima pari a 2,8 o 2,6 volte l’assegno sociale per le donne rispettivamente con un solo figlio avuto o con più di un figlio avuto.
In pensione con fondo integrativo
Per centrare il limite della pensione minima è possibile usare anche la rendita maturata nei fondi pensione integrativi. Ma questa opzione è valida solo di fronte ad almeno 25 anni di contributi accumulati.
Partendo da quanto detto prima, in base alle ultime indiscrezioni questa misura potrebbe essere estesa anche ai contribuenti del sistema misto, cioè quanti hanno iniziato a versare prima del 1° gennaio 1996. In questo caso, a misura confermata nella manovra, serviranno:
- almeno 64 anni di età;
- almeno 25 anni di contributi;
- pensione non inferiore a 3 volte l’assegno sociale;
- utilizzo della rendita da previdenza complementare per completare il requisito della pensione minima;
- possibilità di versare alla previdenza integrativa il TFR trasformandolo in rendita e facilitando il raggiungimento del requisito della pensione minima.
Pensioni anticipate nel 2026, ecco tra vecchie e nuove misure cosa succede
Nel 2026 sarà attiva ancora una volta la quota 41 per i lavoratori precoci. Significa che ci sarà sempre la stessa possibilità di uscita per almeno 4 categorie di contribuenti. La misura è destinata infatti a:
- caregiver che convivono da 6 mesi almeno con un parente disabile grave;
- invalidi almeno al 74%;
- disoccupati senza più la Naspi da almeno 3 mesi;
- addetti ai lavori gravosi o usuranti da 7 degli ultimi 10 anni o da 6 degli ultimi 7 anni.
Per ottenere la pensione anticipata di quota 41 precoci nel 2026 bisogna avere i seguenti requisiti:
- almeno 41 anni di contributi versati;
- almeno 35 anni effettivi senza considerare i figurativi da malattia, infortunio o disoccupazione;
- almeno un anno anche discontinuo, versato prima dei 19 anni di età.
Le stesse categorie prima citate, ad esclusione dei lavori usuranti ma con dentro sempre anche i lavori gravosi, potranno avere accesso nel 2026 all’Ape sociale. Serviranno:
- minimo 63 anni e 5 mesi di età;
- almeno 30 anni di versamenti per invalidi, caregiver e disoccupati;
- almeno 36 anni di versamenti per gli addetti ai lavori gravosi.
Misure che vanno e misure che vengono, addio alla quota 103, ecco una nuova quota 41
Prima abbiamo citato la quota 41 per i precoci. Ma rischia di entrare in vigore nel 2026 per le pensioni anticipate anche un’altra quota 41. In questo caso parliamo di una quota 41 flessibile, aperta a tutti i lavoriatoi e che prenderà il posto della quota 103 che verrà cessata. Si andrà in pensione con questa misura con le seguenti caratteristiche, sempre che nasca per davvero:
- almeno 62 anni di età;
- minimo 41 anni di versamenti contributivi;
- almeno 35 anni effettivi da lavoro e senza figurativi per malattia, disoccupazione o infortuni;
- taglio del 2% all’anno sulla pensione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età, ma solo per soggetti che hanno un ISEE sopra 35.000 euro, per gli altri zero penalizzazioni.
Opzione donna al momento è la misura che più delle altre è sul filo tra una sua conferma per il 2026, una sua cancellazione o un suo ridisegno. Se venisse confermata anche nel 2026 così com’è oggi, i requisiti, che resterebbero da completare entro il 31 dicembre dell’anno precedente, sarebbero:
- almeno 59 anni di età per licenziate o alle prese con aziende con tavoli di crisi avviati o in presenza di almeno due figli avuti, per caregiver che da 6 mesi vivono con un parente disabile grave o per invalide al 74% almeno;
- minimo 60 anni di età per caregiver e invalide con un solo figlio avuto;
- minimo 61 anni di età per caregiver e invalide senza figli avuti;
almeno 35 anni di contributi versati per tutti.
Ecco altre possibili vie di uscita dal mondo del lavoro
Nel 2026 resteranno attive anche le pensioni con invalidità pensionabile.
Che sono le misure che prevedono il massimo vantaggio in termini anagrafici tra uomini e donne. Infatti si potrà andare a riposo con:
- almeno 61 anni di età per gli uomini;
- almeno 56 anni di età per le donne;
- invalidità specifica per la tipologia di lavoro svolto non inferiore all’80%;
- almeno 20 anni di versamenti contributivi.
Infine, possibilità di uscita anche per gli addetti al lavoro usurante o per notturni, autisti dei mezzi di trasporto pubblici e operai della linea a catena. I requisiti resteranno i seguenti:
- almeno 61 anni e 7 mesi di età;
- almeno 35 anni di contributi versati;
- quota 97,6 raggiunta.
Per lo scivolo anche per la pensione nel 2026 servirà dimostrare di aver svolto tali attività logoranti per la metà della vita lavorativa o per 7 degli ultimi 10 anni di carriera.
