E’ stata una giornata ricca di spunti quella di ieri per i mercati finanziari. Poco prima che la Federal Reserve annunciasse le sue decisioni sui tassi di interesse, al termine della due giorni del FOMC, venivano resi noti i dati sul Pil negli USA nel secondo trimestre. Rispetto a un calo annualizzato dello 0,5% nel primo, c’è stato un balzo del 3%. Le attese erano per una crescita del 2,3%. In termini congiunturali, +0,7%. La ripresa si deve al crollo delle importazioni del 30%. Queste sono calcolate come componente negativa del prodotto interno lordo. Al contrario, i consumi delle famiglie sono cresciuti insieme alla spesa pubblica, che nel primo trimestre aveva apportato un contributo negativo.
Piena occupazione, tassi FED invariati
A maggior ragione che il Pil USA segnala un’economia americana ben più solida delle previsioni, la FED non poteva tagliare i tassi con un’inflazione risalita al 2,7% a giugno. Il target è fissato al 2%. In più, il mercato del lavoro si trova ancora in piena occupazione. Ed è così che Jerome Powell li ha lasciati invariati al 4,25-4,50%. Immediato il commento della Casa Bianca, con il presidente Donald Trump ad avere definito il governatore ancora una volta “sempre troppo in ritardo”.
Tuttavia, dallo Studio Ovale c’è ottimismo per un taglio a settembre. Lo stesso mercato inizia a crederci, mentre inizia a serpeggiare il dubbio circa un eventuale secondo taglio entro l’anno. E ieri è successo qualcosa che dà ragione a Trump. Due governatori del board hanno votato contro la decisione del comitato. Avrebbero voluto un taglio dei tassi dello 0,25%. Sono stati Christopher Waller e Michelle Bowman.
Non accadeva dal 1993. Un fatto che evidenzia come all’interno dello stesso istituto vi siano le prime crepe dinnanzi alle pressioni del governo.
Pil USA per ora resiliente allo shock commerciale
Il rialzo del Pil USA per il momento smentisce il pessimismo degli economisti sui dazi. Il calo tra gennaio e marzo era dovuto alla corsa delle imprese americane ad importare dall’estero per sfuggire all’attesa stangata. Da aprile è accaduto il contrario. Resta da vedere cosa accadrà già dal terzo trimestre con numerosi accordi sui dazi siglati, tra cui con l’Unione Europea. I mercati temono fortemente l’incertezza ed entro l’estate dovrebbe ridursi. Il dollaro è risalito ai massimi da due mesi. Una buona notizia per Powell, visto che un cambio debole accresce l’inflazione. Non per Trump, che punta sulla svalutazione per rilanciare le esportazioni.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
