Mai come in questi mesi l’Unione Europea è finita nel mirino dell’intera opinione pubblica. Se fino a qualche tempo fa era scontro tra “sovranisti” ed europeisti, adesso il malcontento appare politicamente trasversale. E il paradosso consiste nel fatto che sia arrivato proprio quando la crisi dei debiti sovrani e dell’euro è diventata un triste ricordo del passato. Gli spread ai minimi dal 2010 svelano che i mercati hanno recuperato la fiducia perduta in anni e anni di tensioni finanziarie e politiche interne. L’epicentro di tale malcontento non è più il Sud Europa, bensì Francia e Germania. La prima è alle prese con una crisi fiscale senza precedenti nell’era moderna, la seconda non sa cosa più inventarsi per risollevare l’economia che balla dal Covid tra recessione e stagnazione.
Berlino col bazooka del debito
Anzi, il cancelliere Friedrich Merz qualcosa se l’è inventata o per meglio dire ha importato dall’estero la presunta soluzione ai mali della Germania: il debito pubblico. Se anche solo un anno fa ci avessero detto che a Berlino avrebbero scassato i conti pubblici per cercare di sostenere la domanda interna, avremmo reagito con una risata di scherno. Invece, il conservatore Merz ha debuttato alla guida della prima economia d’Europa con l’annuncio di un bazooka da 1.000 miliardi di euro in 10 anni. Tutto in deficit. Metà servirà per il riarmo tedesco, l’altra metà per gli investimenti infrastrutturali.
La Germania si è europeizzata. Molti non aspettavano altro fuori dai suoi confini. Cos’è stato l’euro, se non il tentativo francese di imbrigliare Berlino all’interno di regole comuni? Parigi ha così evitato che la riunificazione del 1990 portasse a un rafforzamento della Germania al punto tale da sottomettere tutti gli alleati continentali. Il marco tedesco sarebbe diventato così potente da rendere le altre economie sottomesse. Un disegno che ha funzionato in parte, visto che le imprese tedesche si sono giovate dell’euro debole (per loro) per esportare e trasformare gli alleati in clienti.
A distanza di oltre un terzo di secolo dalla riunificazione, la Germania ha iniziato ad europeizzarsi là dove il resto dell’UE desidera da decenni. La corsa al debito sancisce la fine dell’eccezione tedesca, anche se i conti pubblici della repubblica federale restano di gran lunga tra i più solidi del continente. Ma il solo fatto che abbia ceduto alla tentazione, segna una svolta storica.
Europa nano politico
A sua volta, anche la Germania ha perseguito sin dalla riunificazione un disegno tutto proprio: accettare, obtorto collo, la costruzione europea per germanizzarla. L’euro è stato fondato sugli stessi paradigmi del marco: lotta all’inflazione, solidità fiscale e non interventismo sul mercato dei cambi. L’esperimento funzionò per un decennio, mentre la crisi dei debiti e dell’euro portò sin dal 2011 alla necessità di imitare la Federal Reserve per tenere tutti in sella. La Bundesbank ha dovuto ingoiare in questi 15 anni tanti rospi amari.
Lo ha fatto per non fare saltare in aria l’Eurozona. Ormai sarebbe troppo tardi per tirarsi indietro.
In realtà, la Germania è riuscita a germanizzare l’Europa, rendendola “un gigante economico e un nano politico”. Questa era la definizione che si dava dell’allora Repubblica Federale Tedesca. Una grande economia efficiente, laboriosa, solida, ma che politicamente contava poco. Ebbene, non è che sia cambiata così tanto. La Germania si è persino consolidata sul piano economico, ma non è riuscita a travasare la propria forza sul piano politico. La sua classe dirigente non ragiona da leader. Lo abbiamo visto nella gestione delle crisi. E’ sempre scissa tra il desiderio di perseguire interessi esclusivamente nazionali e la volontà di non sfasciare la baracca che si ritrova a guidare controvoglia.
Germania ed Europa contaminate dai difetti reciproci
Se fosse leader, la Germania avrebbe gettato da tempo il cuore oltre l’ostacolo per “imporre” l’idea degli Eurobond con annessa unione fiscale. In questo modo, si sarebbe “impossessata” definitivamente dell’Europa e l’avrebbe rafforzata al punto da renderla un’alternativa credibile agli USA. Invece, si ribella alla sola ipotesi. In fondo, non ha una storia di leadership alle spalle. I limiti mentali si notano tutti. E freno dopo freno, è riuscita a fare dell’Europa un continente asettico, privo di visione e incapace di fare politica. Ciò spiega l’esito del negoziato sui dazi. Chi addossa alla presidente Ursula von der Leyen la responsabilità di una presunta disfatta, vede solo la punta dell’iceberg.
La Germania ha reso il continente a sua immagine e somiglianza nell’aspetto peggiore: la sua inconsistenza politica. E l’Europa è riuscita a sua volta a influenzare l’establishment tedesco per indurlo a cadere nella trappola del debito. Gli economisti direbbero “moneta cattiva scaccia moneta buona”. C’è stata una contaminazione reciproca, ma solo riguardo ai difetti. Sarebbe stata preferibile un’Europa germanica sui conti pubblici e una Germania europea sulla capacità di fare politica. E’ accaduto il contrario. Il risultato è che siamo un gigante economico – di questo passo ancora per poco – ma senza un posto nei consessi internazionali.
Ci snobbano tutti, alleati e BRICS. Agli occhi del mondo siamo strani, parliamo di numeri e facciamo gli idealisti, ma non sappiamo interpretare gli eventi che si svolgono sotto il nostro naso.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


