Che sarebbe stata una giornata difficile per la politica francese lo si sapeva. E niente ha alleviato il “dolore” delle misure annunciate dal governo di François Bayrou per cercare di risanare i conti pubblici. Obiettivo: trovare 40 miliardi di euro per abbassare il deficit dal 5,4% atteso per quest’anno al 4,6% nel 2026. Con il debito che corre insieme ai rendimenti di mercato e le agenzie di rating che declassano, urge una svolta. Ieri, il primo ministro ha elencato tutta una serie di provvedimenti per ottenere risparmi di spesa e aumenti di gettito fiscale. Tra questi, l’abolizione di due giorni festivi.
I nostri cugini dovranno dire addio al Lunedì di Pasqua e all’8 maggio, che celebra la vittoria contro il nazismo in Europa.
Più lavoro e più gettito
Le entrate per lo stato, ha dichiarato Bayrou, saliranno per il semplice fatto che i francesi lavoreranno di più. Il mese di maggio è diventato, in particolare, un ingorgo tra un ponte e l’altro. C’è la Festa dei lavoratori dell’1 maggio, il suddetto 8 maggio e l’Ascensione a fine mese. Le due giornate individuate non saranno più retribuite per i lavoratori. Sempre il primo ministro si è mostrato aperto a soluzioni alternative, nel senso che i partiti potranno indicargli altri giorni festivi per l’abolizione. Dal Rassemblement National i commenti sono stati di chiusura, mentre La France Insoumise a sinistra ha chiesto al governo di andarsene.
Come l’Italia dell’austerity
Niente di realmente nuovo sotto il sole. La Francia di oggi ci ricorda l’Italia del lontano 1977. C’era crisi, l’inflazione correva a due cifre, il petrolio sui mercati era esploso di prezzo. L’economia non cresceva e le tensioni sociali montavano.
A Palazzo Chigi l’anno prima si era insediato Giulio Andreotti. Cattolico praticante, uno che tutte le mattine andava in chiesa prima di iniziare la giornata di lavoro. Nessuno avrebbe sospettato che proprio lui avrebbe varato una legge per l’abolizione di diversi giorni festivi legati a ricorrenze religiose.
Fu così che dicemmo addio alla Festa di San Giuseppe del 19 marzo, all’Ascensione, al Corpus Domini, a San Pietro e Paolo il 29 giugno, oltre che al 4 novembre (Festa delle Forze Armate) e al 2 giugno (Festa della Repubblica) infrasettimanale. Quest’ultima sarebbe stata recuperata decenni più tardi. Erano gli anni dell’austerity. Bisognava lavorare di più per aumentare il Pil da un lato e le entrate fiscali dall’altro. Le imprese risparmiarono qualcosa e il costo del lavoro divenne meno pesante. Ma l’inflazione sarebbe rientrata solo anni dopo con l’abolizione della scala mobile e la fine della monetizzazione del debito con il diverso tra Tesoro e Banca d’Italia.
Abolizione giorni festivi fine dell’eccezione francese
Tranquilli, i lavoratori francesi continueranno a godere di altre nove festività retribuite contro le dodici di noi italiani. Come spesso capita, però, i cambiamenti passano per alcune svolte simboliche.
L’abolizione di due giorni festivi segna la fine dell’eccezione francese. Parigi ha mal gestito i conti pubblici dopo la crisi mondiale del 2008. Fu risparmiata dai sacrifici grazie a un’Unione Europea politicamente comprensiva e perché i mercati continuavano ad accordarle fiducia. Il contesto è cambiato. L’illusione di essere diversi dal Sud Europa è svanita. Le rumorose e lunghe proteste di piazza contro una riforma delle pensioni che da noi giudicheremmo all’acqua di rose saranno ricordate come l’ultimo lusso del tempo che fu.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


