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Oggi: 05 Dic, 2025

La Cassazione apre alla deducibilità dei debiti accertati post mortem: il principio della sentenza 17821/2025

I debiti post mortem sono deducibili se preesistenti e provati entro 6 mesi dalla sentenza che li accerta, anche se emessa anni dopo il decesso.
5 mesi fa
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novità imposta di successione
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In materia di imposta di successione, la deducibilità dall’attivo ereditario di un debito pregresso giudizialmente accertato anni dopo la morte del de cuius è possibile. Ciò a condizione che gli eredi ne dimostrino l’esistenza entro sei mesi dalla definitività della sentenza.

Questo, in estrema sintesi, è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17821/2025, che si inserisce in un quadro normativo articolato ma ora più chiaro anche per i contribuenti.

La pronuncia interviene su un tema cruciale per la pratica successoria: il trattamento fiscale dei debiti ereditari che emergono solo successivamente all’apertura della successione, specialmente quando sono frutto di un contenzioso conclusosi anni dopo il decesso.

Per la Suprema Corte, ciò che rileva è che il debito esistesse al momento dell’apertura della successione, anche se non ancora cristallizzato in un titolo definitivo. A condizione che la prova della sua esistenza sia fornita nei limiti temporali stabiliti dalla legge.

Vediamo come si integra questo principio con la disciplina ordinaria dettata dal Testo Unico sulle Successioni (D.Lgs. 346/1990), in particolare con riferimento ai debiti contratti negli ultimi sei mesi di vita del defunto.

Deducibilità dei debiti contratti negli ultimi sei mesi prima del decesso

L’art. 22, comma 2 del Testo Unico delle Successioni regola in modo specifico la deducibilità dei debiti contratti dal defunto nei sei mesi che precedono il decesso, stabilendo condizioni puntuali e tassative.

La norma consente la deduzione solo se gli importi risultano effettivamente destinati a determinate finalità, tra cui:

  • l’acquisto di beni inclusi nella dichiarazione di successione, oppure di beni successivamente distrutti o perduti per causa non imputabile al defunto prima dell’apertura della successione.
  • l’estinzione di debiti tributari oppure di debiti risultanti da atti scritti aventi data certa anteriore di almeno sei mesi rispetto alla data del decesso.
  • Spese di mantenimento e spese mediche o chirurgiche sostenute dal defunto, sia per sé stesso sia per i familiari fiscalmente a carico. In questo caso, la deduzione è ammessa nei limiti di 516 euro mensili per il defunto e 258 euro per ogni familiare a carico, calcolati sui soli mesi interi.

Un punto rilevante riguarda la documentazione: il debito e la sua destinazione devono essere comprovati in modo idoneo, sia sotto il profilo contabile che causale. Occorre cioè non solo dimostrare che la somma è stata effettivamente contratta, ma anche che il suo impiego rientra in una delle casistiche ammesse dalla norma.

Inoltre, non sono deducibili i debiti contratti nell’ambito di attività di impresa o professionali, né gli assegni emessi o le operazioni compiute a tale titolo. Le operazioni bancarie vanno considerate solo se connesse a spese ammesse (ad esempio, assegni per spese mediche).

Per quanto riguarda la nozione di familiare a carico, il riferimento normativo è all’art. 12, comma 2 del TUIR, che impone limiti di reddito specifici. Quando le spese sono sostenute a cavallo di due anni (es. 2024 e 2025), la condizione deve essere verificata separatamente per ciascun anno fiscale.

Infine, l’art. 20 del TUS stabilisce il principio generale secondo cui le passività deducibili devono essere esistenti alla data di apertura della successione, e la loro deduzione è ammessa nei limiti e alle condizioni stabilite dagli articoli da 21 a 24 del Testo Unico.

Il principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 17821/2025

La sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso concreto: un debito giudizialmente riconosciuto solo 12 anni dopo la morte del de cuius, a seguito di una controversia civile che ha visto coinvolta la sua eredità.

Gli eredi, alla luce di tale riconoscimento, avevano chiesto il rimborso dell’imposta di successione versata, sostenendo che il passivo ereditario fosse in realtà superiore all’attivo. L’imposta di successione può essere anche pagata a rate.

La questione era se un debito accertato così tardi potesse comunque considerarsi deducibile.

L’Agenzia delle Entrate sosteneva che per essere deducibili i debiti dovessero già risultare da un titolo certo al momento dell’apertura della successione. La Cassazione, invece, ha rigettato tale impostazione, affermando che ciò che conta è che il debito fosse già “esistente” alla data dell’apertura, anche se non ancora quantificato o formalizzato in una sentenza definitiva.

La Corte chiarisce che la normativa (in particolare l’art. 21 del D.Lgs. 346/1990) prevede che i debiti del defunto siano deducibili se risultano da un atto scritto con data certa anteriore oppure da un provvedimento giurisdizionale definitivo, purché si riferiscano a obbligazioni preesistenti alla successione.

Decisiva è anche la lettura dell’art. 23, comma 4 del medesimo decreto, che consente la dimostrazione dei debiti entro sei mesi dalla definitività del provvedimento che li accerta. Ed è proprio in base a questa norma che la Corte ha ritenuto corretta la richiesta degli eredi, che avevano dimostrato l’esistenza del debito entro tale termine.

Infine, viene chiarito che, dalla definitività della sentenza, decorre il termine di tre anni per chiedere il rimborso dell’imposta di successione pagata in eccesso. Una precisazione importante per la tutela degli eredi, specie nei casi in cui i debiti emergano solo a distanza di tempo.

Tabella riassuntiva – Condizioni di deducibilità dei debiti del defunto

Tipologia di debito Condizioni per la deduzione Norma di riferimento
Debiti in generale Esistenti alla data di apertura della successione Art.

20 TUS

Debiti ultimi 6 mesi Utilizzati per beni, tributi, spese mediche/mantenimento documentate Art. 22, co. 2 TUS
Debiti d’impresa Non deducibili Art. 22, co. 2 TUS
Debiti con sentenza Esistenti alla successione + prova entro 6 mesi Art. 21 e 23, co. 4 TUS
Rimborso imposta Richiesta entro 3 anni dalla sentenza Sent. Cass. 17821/2024

Riassumendo

  • I debiti contratti nei sei mesi prima della morte sono deducibili solo se impiegati per spese specifiche e documentate (beni, tributi, spese mediche, mantenimento).
  • Non sono deducibili i debiti legati ad attività d’impresa o professionale.
  • La deducibilità presuppone l’esistenza del debito alla data di apertura della successione, anche se non ancora accertato.
  • I debiti accertati con provvedimento definitivo possono essere dedotti se gli eredi ne dimostrano l’esistenza entro 6 mesi dalla sentenza.
  • Gli eredi hanno 3 anni dalla sentenza definitiva per chiedere il rimborso dell’imposta di successione versata in eccesso.

Andrea Amantea

Giornalista pubblicista iscritto all’ordine regionale della Calabria, in InvestireOggi da giugno 2020 in qualità di redattore specializzato, scrive per la sezione Fisco affrontando tutte le questioni inerenti i vari aspetti della materia. Ha superato con successo l'esame di abilitazione alla professione di Dottore Commercialista, si occupa oramai da diversi anni, quotidianamente, per conto di diverse riviste specializzate, di casi pratici e approfondimenti su tematiche fiscali quali fatturazione, agevolazioni, dichiarazioni, accertamento e riscossione nonché di principi giurisprudenziali espressi in ambito di imposte e tributi.

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