Con l’ordinanza n. 15021 del 2025, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema dell’accertamento bancario, riaffermando un principio giuridico ormai consolidato: l’assenza dei numeri di conto corrente negli atti notificati al contribuente non determina, di per sé, la nullità dell’accertamento. Ciò a condizione che il soggetto sottoposto al controllo sia posto nella condizione concreta di comprendere le contestazioni mosse e di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
Il contesto del caso: accertamento bancario e contenzioso
La vicenda trae origine da una verifica effettuata nel 2013 dall’Agenzia delle Entrate di Foggia nei confronti di una ditta individuale, in relazione agli anni d’imposta 2008 e 2009.
Durante l’ispezione, l’amministrazione finanziaria effettuava controlli fiscali sui c/c (ben 16 conti correnti) intestati al contribuente presso cinque differenti istituti bancari, riscontrando una serie di movimentazioni ritenute prive di giustificazione.
Sulla base di tali riscontri, l’ufficio fiscale invitava il contribuente a fornire chiarimenti in merito a entrate e uscite rilevate sui conti. Successivamente, emetteva due distinti avvisi di accertamento, contestando ricavi non dichiarati per un ammontare complessivo di vari milioni di euro.
Il contribuente decideva di impugnare gli atti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo che gli accertamenti risultavano viziati nella forma, per la mancata indicazione dei numeri identificativi dei conti correnti coinvolti. Sia i giudici di primo grado sia quelli di appello accoglievano tale tesi, annullando gli avvisi notificati.
La pronuncia della Cassazione: distinzione tra motivazione e prova
A ribaltare l’esito del contenzioso interviene la Suprema Corte, la quale, nel pronunciamento in oggetto, introduce una fondamentale distinzione concettuale tra motivazione dell’atto e prova della pretesa tributaria.
Secondo i giudici di legittimità, la motivazione assolve alla funzione di rendere intellegibili i presupposti logici e giuridici dell’intervento dell’amministrazione. Essa deve cioè consentire al contribuente di comprendere la portata dell’azione intrapresa nei suoi confronti.
La prova, invece, riguarda la verifica nel merito della fondatezza della pretesa impositiva, e implica l’esame delle evidenze documentali o indiziarie poste a sostegno dell’atto.
Nel caso di specie, la Corte osserva che l’Agenzia delle Entrate aveva prodotto una documentazione particolarmente corposa — oltre mille pagine — in cui risultavano dettagliatamente indicati: gli istituti bancari coinvolti; i titolari delle partite IVA interessate; gli importi oggetto di contestazione.
Pertanto, pur in assenza dei numeri di conto, era comunque chiara la ricostruzione effettuata dall’amministrazione e l’origine delle contestazioni. Inoltre, il contribuente aveva preso parte al contraddittorio, durante il quale aveva la possibilità concreta di accedere ai documenti e replicare punto per punto alle accuse mosse.
L’onere della prova è del contribuente
L’ordinanza della Cassazione si inserisce in un quadro giurisprudenziale coerente, che si è consolidato nel tempo anche attraverso precedenti recenti come Cass. n. 2928/2024 e Cass. n. 26014/2024. Tali pronunce confermano un aspetto cardine degli accertamenti fondati su movimentazioni finanziarie: la presunzione legale di imponibilità delle somme rinvenute sui conti bancari.
In termini tecnici, si configura un meccanismo di inversione dell’onere della prova: una volta che l’amministrazione ha depositato gli estratti conto, spetta al contribuente dimostrare, con rigore analitico, la non imponibilità delle singole operazioni.
Non è sufficiente, quindi, una replica generica o meramente dichiarativa. È necessario fornire, per ogni singola voce:
- l’origine della somma;
- la natura non reddituale (quali rimborsi, prestiti tra familiari, movimentazioni infruttifere, ecc.);
- eventuali documenti giustificativi.
Solo in presenza di una ricostruzione puntuale e documentata, il giudice può valutare l’effettiva estraneità delle somme contestate al reddito imponibile.
Valorizzare la sostanza: la forma non prevale più nell’accertamento bancario
Il cuore dell’orientamento espresso dalla Corte risiede nella preferenza accordata alla sostanza rispetto alla forma. L’efficacia dell’accertamento bancario non può essere compromessa da mere carenze formali, quando l’atto, nel suo complesso, consente al destinatario di comprendere i fatti contestati e di difendersi adeguatamente.
La logica sottesa è quella dell’adeguatezza sostanziale dell’informazione fornita, che deve essere valutata nel suo complesso, non in base a requisiti formali astratti. In tal modo, il diritto di difesa viene considerato nella sua effettività, senza che l’eventuale assenza di elementi accessori (come i numeri di conto) comprometta l’intero impianto dell’accertamento.
In definitiva, ciò che la Cassazione afferma è che il valore giuridico dell’atto non risiede nel tecnicismo formale. Ma nella capacità di trasmettere al contribuente una contestazione sufficientemente precisa, verificabile e contestabile.
Riflessioni conclusive: verso una giustizia fiscale sostanziale
La pronuncia n. 15021/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un ulteriore passo nel percorso interpretativo volto a superare il formalismo in ambito tributario. Essa rafforza il ruolo dell’accertamento bancario come strumento di contrasto all’evasione fiscale, garantendo al contempo un corretto bilanciamento con i diritti del contribuente.
Affermando che la legittimità dell’atto non dipende dalla presenza di ogni dettaglio formale, ma dalla possibilità effettiva di comprensione e difesa, la Corte orienta la prassi verso una concezione più funzionale e meno burocratica della giustizia tributaria.
L’accertamento bancario si conferma quindi come uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’amministrazione finanziaria. Con un impianto normativo e giurisprudenziale che tende a rafforzarne l’efficacia, pur nel rispetto delle garanzie costituzionali del contribuente.
Riassumendo
- La Cassazione conferma la validità degli accertamenti bancari senza numeri di conto.
- Motivazione e prova sono concetti distinti: conta la sostanza, non la forma.
- L’Agenzia può produrre documentazione dettagliata senza includere numeri identificativi.
- Il contribuente deve giustificare analiticamente ogni movimento bancario contestato.
- Invertito l’onere della prova: spetta al contribuente dimostrare la non imponibilità.
- Prevale l’effettiva possibilità di difesa, non la perfezione formale dell’atto.