Dal 2000 il tuo quotidiano indipendente su Economia, Mercati, Fisco e Pensioni
Oggi: 05 Dic, 2025

Addio riforma Fornero con il ritorno ai vecchi requisiti dal 2026

Pensioni e nuova riforma anti Fornero, i conti non tornano tra tagli e penalizzazioni ed ecco perché l'unica via sarebbe fare dei passi indietro.
11 mesi fa
3 minuti di lettura
pensioni e riforma Fornero
Foto © Licenza Creative Commons

La riforma Fornero è l’ultima riforma delle pensioni che possa essere considerata davvero importante. Dal 2012, anno in cui la legge Fornero è entrata in vigore, poco o nulla è effettivamente cambiato. Certo, sono state introdotte diverse misure, ma spesso di carattere temporaneo e con una durata altrettanto limitata, oppure riguardanti solo pochi contribuenti. E le ipotesi che si ventilano per una futura riforma delle pensioni sono tutte, in qualche modo, poco entusiasmanti, perché si parla di penalizzazioni dell’assegno, di misure che consentirebbero di uscire prima dal lavoro ma con tagli più o meno rilevanti. Dunque, se davvero c’è un modo per superare la Fornero, l’unica via percorribile sembra essere il colpo di spugna.

Addio riforma Fornero con il ritorno ai vecchi requisiti dal 2026

Cosa ha prodotto di così devastante la riforma Fornero per il sistema pensionistico italiano? Sicuramente un inasprimento dei requisiti. Di colpo, le pensioni si sono allontanate nel tempo: sono aumentati i requisiti per la pensione di vecchiaia, per quella anticipata e sono scomparse diverse misure molto favorevoli del passato. Sono nati gli esodati, lavoratori che si sono trovati improvvisamente privi di pensioni e contributi. E tutto è cambiato in modo radicale, anche a causa dell’applicazione dell’aspettativa di vita, che ha continuato a far crescere questi requisiti.

Ma come realizzare ciò che alcuni esponenti dell’attuale maggioranza di governo promettono da tempo? In altre parole, come si può davvero superare la riforma Fornero?

La previdenza complementare e integrativa non basta

Andare in pensione utilizzando contemporaneamente la previdenza obbligatoria e quella complementare? È la soluzione che, per esempio, l’attuale governo ha trovato per consentire a taluni lavoratori di uscire prima dal lavoro grazie alle rendite accumulate nei fondi pensione integrativi.

In aggiunta alla pensione maturata all’INPS, si può così accedere alla quiescenza anticipata a 64 anni, ma questa strada non vale per tutti. Chi non ha versamenti nella previdenza complementare cosa può fare?

Un esempio eloquente è lo scarso successo della RITA, la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, introdotta qualche anno fa come una sorta di grande rivoluzione, ma che alla prova dei fatti si è rivelata poco efficace. E se consideriamo che le misure che si vorrebbero introdurre, come la quota 41 per tutti, rischiano di prevedere forti penalizzazioni di assegno, ecco che anche un’ipotetica nuova riforma delle pensioni potrebbe rivelarsi un flop.

Pensioni e nuova riforma anti Fornero, i conti non tornano tra tagli e penalizzazioni

Ormai appare evidente che qualunque nuova misura venga introdotta, sarà orientata verso un ricalcolo contributivo della prestazione, tendenzialmente penalizzante. Favorire l’uscita anticipata dal lavoro, in sostanza, comporta quasi sempre tagli e penalizzazioni. Lo dimostra l’andamento della quota 103 negli ultimi due anni: non solo è necessario raggiungere 41 anni di contribuzione per uscire a 62 anni di età, ma bisogna anche accettare una pensione calcolata col metodo contributivo, quindi più bassa.

Inoltre, si tende sempre di più a concedere agevolazioni e bonus a chi rimanda l’uscita, dato che anche con misure di pensionamento anticipato si trovano formule che incentivano la permanenza in servizio piuttosto che favorire la cessazione anticipata.

Ecco una breve cronistoria delle pensioni dalla riforma Fornero ad oggi

Negli anni successivi alla riforma Fornero, sono nate numerose misure: Ape sociale, quota 41 per i precoci, opzione donna, per citarne alcune ancora oggi in vigore ma circoscritte a specifiche categorie. Inoltre, si sono susseguite misure a durata limitata, come quota 100 e quota 102, che a loro volta si sono rivelate, nel tempo, sempre peggiorative, come dimostra la citata quota 103.

Se guardiamo indietro, la riforma Fornero cancellò le pensioni di anzianità e le cosiddette pensioni gemelle di quota 96. E le sostituì con la pensione anticipata, con requisiti molto più stringenti. Prima, infatti, 40 anni di contribuzione erano sufficienti per la pensione a prescindere dall’età anagrafica. Con quota 96 si poteva uscire a 60 anni con 35 di contributi e, sommandone le frazioni di anno, si raggiungeva appunto la quota 96. Le donne potevano lasciare il lavoro a 60 anni, gli uomini a 65. Mentre ora tutti vanno in pensione a 67 anni, forse addirittura 3 mesi in più dal 2027.

Allora quale sarebbe la soluzione ideale? Se davvero si volesse superare la riforma Fornero, l’unica via – forse impraticabile poiché decisamente estrema – sarebbe il tabula rasa.

Cioè la cancellazione totale della riforma Fornero e il ritorno al passato. Di certo una strategia assurda, ma che esprime bene quanto profondamente sia cambiato il sistema pensionistico dal 2012 a oggi.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

pensioni quota 41
Articolo precedente

Il bivio dopo 41 anni di contributi: quale strada prendere per la pensione?

Articolo seguente

La Svizzera minaccia (contro Trump?) il ritorno ai tassi negativi, cosa significa per i bond europei