Con la fine del terzo trimestre dell’anno scattano l’imposta di bollo sui conti correnti. Lo Stato fa così incetta di soldi su quella che è, a tutti gli effetti, un’imposta patrimoniale ricorrente. Nata nel 1972, non è mai stata abolita e all’estero non si paga.

L’imposta di bollo sui conti correnti e libretti postali è quindi una tassa dovuta allo Stato per ogni rapporto bancario e postale attivo. Colpisce tutti i conti sia personali che cointestati o aziendali. Frutta ogni anno in maniera silenziosa milioni di euro allo Stato.

Per le persone fisiche l’imposta vale 34,20 euro all’anno, mentre per le aziende è di 100,00 euro.

L’imposta di bollo sui conti si paga ogni tre mesi

Le banche lo frazionano normalmente con cadenza trimestrale, ecco perché al 30 settembre 2020 scatterà l’addebito di 8,55 euro (25 euro per i conti aziendali) in conto corrente. A volte l’imposta viene addebitata con cadenza annuale o anche semestrale, in base a quando viene inviato al cliente l’estratto conto periodico. Più precisamente, dice la legge

 “l’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato”.

Imposta di bollo sul conto, chi lo paga e chi no

L’imposta di bollo sul conto corrente bancario o postale, insieme a quella sul deposito titoli, è quindi una tassa fissa e non dipende da quanti soldi si tengono depositati o si movimentano ogni anno sul conto. Si paga per il solo fatto di possedere un conto corrente e di tenervi depositato del denaro, tanto per spese e incassi correnti, quanto per frequenti e cospicue movimentazioni di denaro.

Unica eccezione è rappresentata dal limite di giacenza media inferiore a 5.000 euro.

Cioè, se il soggetto durante il periodo di rendicontazione mantiene una giacenza media di denaro inferiore a tale soglia, è esentato dal pagamento della tassa.

L’imposta di bollo non si applica nemmeno ai rapporti intercorsi tra gli enti gestori e i Confidi, organismi senza scopo di lucro a carattere associativo costituiti da piccole e medie imprese. Sono esentati anche i conti correnti delle pubbliche amministrazioni.

Esenzione in base al Isee

Una ulteriore deroga al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente è data dalle capacità reddituali del soggetto. In base alla normativa vigente, coloro che hanno un Isee inferiore a 7.500 euro all’anno sono esentati dall’applicazione dell’imposta.

A tal fine è necessario produrre presso il proprio istituto di credito o in Posta la certificazione rilasciata dall’Inps che attesti il limite dei 7.500 euro affinché l’intermediario, che agisce come sostituto d’imposta, non trattenga l’importo annuale di euro 34,20.