Non è l’estate del pienone, anzi a luglio sulle spiagge italiane è andata parecchio male. Assobalneari-Confcommercio segnala un tracollo delle presenze del 30% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, con punte del -40% in Calabria ed Emilia-Romagna. E mentre sul web circolano come ogni anno gli scontrini “pazzi” di chi denuncia prezzi spropositati per spennare i clienti nell’alta stagione, inizia a farsi strada anche l’ipotesi che alla base del flop vi sia il crescente “turismo mordi e fuggi”. A farne le spese sarebbero le località più gettonate e, soprattutto, le spiagge.
Calo di presenze in spiaggia
La riviera romagnola parla sempre meno italiano e sempre più straniero.
Eppure, neanch’essa è riuscita a sfuggire al calo delle presenze. Sebbene le famiglie tedesche e austriache, che qui tradizionalmente affollano le spiagge, abbiano una maggiore capacità di spesa, se ne vedono di meno in queste settimane. Per le famiglie italiane parlano anche i dati sull’inflazione. A luglio i prezzi al consumo sono cresciuti in media dell’1,7% su base annua e dello 0,4% mensile. I prezzi dei generi alimentari non lavorati hanno accusato un’accelerazione dal 4,2% al 5,1%, mentre per i generi alimentari lavorati dal 2,7% al 3,1%.
Il costo della vita cresce a ritmi medio-bassi, specie nel confronto europeo, ma stanno rincarando proprio i prodotti di base, finendo per colpire le altre voci di spesa. E un ombrellone e due sdraio ormai costano anche 70-80 euro al giorno, a cui sommare il pranzo (vietato portarlo a sacco in molti lidi) e il parcheggio. Naturale che molte famiglie stiano optando per andare altrove o per ridurre i giorni al mare.
Si chiama legge della domanda e dell’offerta, avvisate le associazioni di categoria cadute dal pero.
Più vacanze durante l’anno, ma spese più basse
Certo, hanno pesato anche alcuni fine settimana con il maltempo. Gli afflussi nelle spiagge sono molto maggiori di sabato e domenica rispetto ai giorni lavorativi e se capita che piova, la perdita del fatturato incide parecchio sui dati mensili. Tuttavia, il turismo mordi e fuggi inizia ad entrare nella lista delle principali cause del crollo. Stanno cambiando le abitudini di fare vacanza di italiani e stranieri. Un tempo si andava in ferie quasi solo una volta all’anno, si prendeva un intero mese di estate e lo si usava per visitare una sola località. La spesa di un’intera famiglia veniva così concentrata in una sola area ristretta.
Da tempo non è più così. La struttura socio-economica è cambiata. Si preferisce andare in vacanza più volte all’anno e per meno giorni. Si spende poco in ogni località visitata, l’importante è postare qualche foto sui social. Di giorni da trascorrere al mare ne rimangono di meno, visto che bisogna visitare più luoghi possibili e in fretta. Se ne stanno accorgendo anche città d’arte come Firenze e Venezia. I ristoratori lamentano che il turismo mordi e fuggi non stia lasciando più nulla nei territori.
Al netto di loro colpe certe nell’aumentare i prezzi a sproposito, c’è un fondo di verità.
Turismo mordi e fuggi problematico per città italiane
Orde di turisti prendono d’assalto i centri cittadini nelle ore diurne, portandosi da casa un po’ di tutto per pranzare e bere. Al bar o al ristorante entrano per consumazioni irrisorie, spesso divise in gruppo. E’ vero, i prezzi sono alti e servirebbe un’autocritica che non c’è tra gli addetti ai lavori. I turisti sono considerati semplici polli da spennare con la scusa di offrire loro “un’esperienza” per giustificare caffè anche a 5 euro e acqua come fosse champagne. Ma il turismo mordi e fuggi sta portando gli stessi problemi ovunque. Tanta gente e pochi benefici per chi in città ci vive. Sporcizia, traffico, schiamazzi e affollamenti ingestibili con annessi costi a fronte di briciole. Ci guadagnano i proprietari di alberghi e case vacanza, non l’economia del territorio nel suo complesso.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

