Bitcoin è arrivato a superare i 120.000 dollari, segnando l’ennesimo record storico. E pensare che la criptovaluta era sconosciuta ai più fino a pochi anni fa. Roba da nerd meno di un decennio or sono. Raggiungeva la quotazione di 1 dollaro nel 2011. Nel maggio del 2010, 10.000 gettoni virtuali venivano scambiati contro 2 maxi-pizze dal controvalore totale di 40 dollari. Ciascuno fu valutato appena 4 millesimi di dollaro. Chi a quei tempi possedette anche solo pochi Bitcoin, può oggi affermare di essersi arricchito quasi senza spendere nulla. Con una decina di euro meno di una quindicina di anni fa, oggi si avrebbe sul wallet un valore di diversi milioni.
Scetticismo iniziale sui Bitcoin
Ma quanti possono dirlo? Pochissimi. All’infuori della cerchia dei “miners”, coloro che emettono Bitcoin attraverso complessi calcoli matematici, non è rimasto quasi nessuno con criptovaluta in portafoglio dopo così tanti anni. Come vi stiamo per spiegare, esistono tre precise ragioni per cui arricchirsi con Bitcoin è stato un fenomeno rarissimo.
Il primo ostacolo si chiama scetticismo. Quanti di noi hanno scommesso sui Bitcoin, quando in pochi li conoscevano? Le remore erano enormi, la fiducia quasi nulla. Trattasi di un asset nuovo, senza storia alle spalle e dal funzionamento non immediato da capire. Tutto ciò ha costituito una prima barriera all’investimento con quotazioni ancora bassissime. Anche spendere pochi euro era considerato una perdita inutile di denaro, alla stregua di un gratta e vinci.
Impazienza in fase d’investimento
Anche ammesso di avere superato pregiudizi e sfiducia iniziali, quanti di noi avrebbero mantenuto in portafoglio i Bitcoin fino ad oggi? Immaginate di avere acquistato a prezzi intorno ai 100 euro.
Nel migliore dei casi, non appena questi fossero saliti a 2-300 euro, avremmo disinvestito. In termini percentuali riportare un guadagno del 100-200% è tantissima roba. Anzi, generalmente si esce dal mercato con guadagni ben inferiori. Tuttavia, proprio questa logica ci avrebbe impedito di mettere le mani su guadagni nell’ordine del 26.000% in meno di un decennio.
E noi stiamo parlando del boom di Bitcoin come se fosse avvenuto in maniera perfettamente lineare. In realtà, l’asset si è rivelato molto volatile. Ad esempio, tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018 le quotazioni crollarono di oltre i due terzi e sarebbero tornate ai massimi precedenti solamente a fine 2020. E anche tra il novembre del 2021 e gli inizi del 2023 si ebbe un tracollo del 75%. Ci fu chi profetizzò la fine della criptovaluta, salvo essere smentito qualche mese più tardi. Va da sé che quanti di noi avranno verosimilmente superato scetticismo e impazienza, al contempo hanno investito relativamente poco denaro per evitare di bruciarsi nel caso in cui le cose fossero andate male.
Fabbisogno di liquidità
Infine, c’è il fabbisogno di liquidità che impedisce alle persone comuni di destinare risorse ingenti ad investimenti di durata eccessiva e, peggio ancora, se percepiti ad alto rischio. Lo stesso oro, che negli ultimi venti anni ha reso (in euro) intorno al 600%, difficilmente sarà stato tenuto nel cassetto come bene d’investimento per così tanto tempo.
Essendo un asset senza cedola, bisogna rivenderlo a prezzi più alti per monetizzare i guadagni. E non ci fai la spesa con i segni più virtuali.
Difficile diventare ricchi con Bitcoin o altri asset
In conclusione, tre sono le ragioni per le quali farai quasi certamente parte di coloro che non si sono arricchiti con Bitcoin, né con altri tipi di investimenti. Lo scetticismo è una prima barriera che ti impedisce di investire in asset ad alto potenziali, ma probabilmente nuovi. L’impazienza di monetizzare i guadagni limitano questi ultimi, accorciando il periodo stesso dell’investimento. E il fabbisogno di liquidità riduce le risorse destinate agli impieghi a lungo termine e più rischiosi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


