Popolo dello shopping online, per voi stanno per arrivare cattive notizie. I carrelli virtuali pieni di roba a pochi euro ciascuno possono diventare presto un ricordo felice dei tempi in cui potevi fare acquisti su internet senza limitazioni di sorta. Questo giovedì, l’Ecofin si è riunito a Bruxelles per reagire all’ondata di scatole cinesi che sta sommergendo le dogane. Ed è arrivata alla conclusione che la pacchia deve finire. Dal 2028 potrebbe entrare in vigore quella che i giornali hanno già ribattezzato la “tassa Shein”. Vedremo il perché di questa espressione bizzarra.
Tassa Shein su piccole scatole cinesi
Le cose stanno così.
Nel 2024 sono arrivate nell’Unione Europea 4,6 miliardi di piccoli pacchi, cioè del valore inferiore a 150 euro e, pertanto, non soggetti a dazi. Il 91% risultava spedito dalla Cina. E si stima che per il 65% il valore sia stato appositamente abbassato per sfuggire alle tariffe doganali. Un trend in crescita che per vari motivi non può fare piacere ai governi dell’area. In primis, perché miliardi di piccole scatole cinesi stanno ammazzando il commercio al dettaglio in Europa. Secondariamente, trattasi perlopiù di roba di scarsa qualità, fabbricata senza rispetto per i diritti dei lavoratori e per l’ambiente.
Ad approfittarne sono principalmente colossi online come Shein, Temu e Aliexpress, da cui il nome assegnato alla tassa. Perché non reagire subito? Le dogane comunitarie non sarebbero capaci di gestire l’enorme mole di merce da ispezionare per assoggettarla ai dazi. L’idea sarebbe di darsi tempo due anni. L’esenzione fino a 150 euro verrebbe eliminata, dopodiché i dazi si applicherebbero in base allo stato di provenienza e alla categoria merceologica. Ad esempio, l’abbigliamento sconta un dazio del 12%.
Verso eco-tassa italiana
Tuttavia, la presidente dell’Ecofin, la danese Stephanie Lose, ha ammesso che bisogna reagire subito e non aspettare al 2028. Per questo ha ipotizzato un’imposizione temporanea forfetaria. Due le ipotesi principali: dazio sotto i 150 euro con aliquota uguale per ogni tipo di merce; dazio in somma fissa, vale a dire indipendentemente dal valore del pacco. La “tassa Shein” debutterebbe inizialmente in forma soft per entrare a regime tra poco più di due anni.
Alcuni Paesi vogliono provvedere da sé nel frattempo e tra questi c’è l’Italia. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha accolto molto positivamente la svolta di Bruxelles. Insieme al resto del governo è impegnato in queste settimane a limare le misure della legge di Bilancio per il 2026. Dopo l’avallo UE prende corpo l’ipotesi di una “eco-tassa” di 2 euro sui pacchi sotto i 2 kg. L’iniziativa verrebbe giustificata da ragioni ambientali. Nella sostanza, servirebbe a fare cassa. Ufficialmente, infatti, non è permesso agli stati nazionali legiferare sulle politiche commerciali. Questa è competenza esclusiva di Bruxelles.
E-commerce cinese vero obiettivo
C’è una questione che l’Ecofin ha lasciato irrisolta: il gettito di questa “tassa Shein” a chi andrebbe? Per ora il 75% degli incassi alla dogana vanno all’UE e il restante 25% agli stati a copertura dei costi. Il governo italiano (e non solo) starebbe ipotizzando di appropriarsi dell’intero gettito derivante da questo dazio sotto mentite spoglie.
Certo è anche che questa “tassa Shein” impatterebbe poco sul gettito comunitario. Immaginando che un pacco in media fosse di 100 euro, servirebbe una tariffa media del 10% per incassare almeno 35 miliardi all’anno, stante l’attuale ripartizione con gli stati nazionali. La misura, in ogni caso, colpirebbe l’e-commerce cinese. Ed è questo il vero intento dei governi. La Cina inonda il mercato europeo di merci contro cui i produttori locali non possono competere per via dei costi infimi.
Tassa Shein reazione a crisi del commercio UE
Il timore è che la Cina dirotti molte delle sue mancate esportazioni negli Stati Uniti sul mercato europeo, aggravando la crisi del commercio continentale. Washington ha abolito dal 29 agosto scorso l’esenzione dai dazi per i pacchi sotto gli 800 dollari. Resta solo per i regali fino a 100 dollari. Miliardi di ulteriori scatole cinesi potrebbero essere venduti ai consumatori europei per sopperire alle perdite sul mercato americano. La “tassa Shein” è solo uno dei capitoli aperti nella guerra commerciale sotterranea che si è aperta tra UE e Cina di riflesso a quella portata avanti dall’amministrazione Trump. Nei mesi scorsi, la decisione della Commissione di raddoppiare i dazi sull’acciaio e dimezzare le quantità importabili “duty free”.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

