Ogni qualvolta c’è una tornata elettorale, sia essa riferita alle politiche, alle amministrative e perfino ai referendum, la relativa campagna elettorale fa emergere cose nuove, mancanze per i cittadini e così via dicendo. Novità in questo senso non mancano nemmeno stavolta che stanno per arrivare le elezioni Regionali in diverse Regioni italiane. Si sente parlare di nuovo di sanità, di salario minimo, di opere pubbliche e così via dicendo. Ma una novità adesso riguarda la tassazione dei redditi, sia da pensione che da lavoro. E tutto nasce da un’intervista del leader della CGIL Maurizio Landini rilasciata al quotidiano la Repubblica.
Una intervista in cui il Segretario della CGIL conferma la sua volontà di non candidarsi alle elezioni e di restare leader del sindacato almeno fino al 2027. Ma sono le parole relative ad un debito che di fatto lo Stato ha nei confronti di lavoratori e pensionati. Perché di questo si tratta visto che secondo Landini adesso il governo deve restituire 1.000 euro a ciascuno di loro.
Su pensioni e stipendi 1.000 euro di arretrati dal 2022 al 2024, ecco perché lo Stato deve pagare
La tassazione in Italia è sempre elevata ed è a livelli che forse non si raggiungono in nessun altro Paese. Invece i salari sono tra i più bassi come ribadiscono molti altri soggetti politici e non che chiedono al governo il salario minimo a 9 euro ad ora. E sono tra le più basse anche le pensioni, con il sempre attuale dato delle pensioni sotto la soglia della povertà che sono sempre tante ed in salita. Anche se stipendi e pensioni ogni anno aumentano (o quasi sempre), non riescono mai a sopportare la perdita di potere d’acquisto delle pensioni e degli stipendi.
Probabilmente anche perché la tassazione non si adegua all’inflazione. Ed è da questo punto di partenza che si basa la teoria del segretario CGIL che sottolinea come nel il periodo che va dal 2022 al 2024 pensionati e lavoratori hanno maturato un autentico credito verso lo Stato pari a 1.000 euro pro capite.
Il cosiddetto drenaggio fiscale, che sposta i contribuenti nella fascia di tassazione più alta anche se il potere di acquisto di stipendio o pensione di questi contribuenti non è cresciuto o addirittura è calato, causa quello che adesso sottolinea Landini. In parole povere, ciò che si faceva con 30.000 euro 3 o 4 anni fa non si fa oggi. Ma passando a 30.000 euro i redditi di un soggetto, quest’ultimo è passato allo scaglione di imposta più alto, versando più tasse rispetto a 3 o 4 anni fa. Nonostante la sua vita o non è cambiata a livello di potere di acquisto, o addirittura è calata.
Ecco cosa bolle in pentola adesso in materia di IRPEF
Il riferimento del leader della CGIL è all’IRPEF, cioè all’Imposta sui redditi delle persone fisiche. Secondo Landini ammonta a 24 miliardi l’IRPEF in più pagata dai contribuenti tra il 2022 ed il 2024. Un incremento che non trova giustificazione. Secondo Landini dal momento che gli scaglioni di reddito e le aliquote non sono aggiornati all’inflazione, in un sistema che prevede la pressione fiscale a fasce progressive, su 30.000 euro di reddito questo fenomeno ha fatto perdere 1.000 euro circa al contribuente.
E il governo deve restituire questi soldi. La materia delle tasse e dell’IRPEF è di strettissima attualità. Il governo ha in serbo delle novità che probabilmente faranno capolino nella legge di Bilancio. Parliamo del taglio del secondo scaglione IRPEF che passerebbe da una aliquota al 35% ad una al 33%. Con una estensione dello stesso scaglione da 50.000 a 60.000 euro. Si tratta del tanto pubblicizzato taglio dell’IRPEF al ceto medio. Nulla a che vedere con ciò che ha ribadito Landini però. Se ne riparlerà sicuramente in questi giorni, aspettando novità e conferme dalla manovra di fine anno.