Conviene smettere di lavorare prima con i requisiti 104 oppure l’Ape Social? Come cantano Fedez e Francesca Michielin con il brano Magnifico: “L’amore rende ciechi, devo dirtelo e io devo smettere di cercare le scarpe nel frigorifero. Ma tu non guardi me, continui a guardare fuori, ti ho dato i giorni migliori dei miei anni peggiori”.
Parole che esprimono una sensazione comune a molti, ovvero quella di aver dato tanto, spesso nei momenti più difficili, senza ricevere altrettanto in cambio. Una percezione che, sebbene nata in ambito sentimentale, può ben descrivere anche il lungo percorso lavorativo di tante persone.
Ne sono un chiaro esempio coloro che, dopo anni di lavoro duro e sacrifici, arrivano a chiedersi se non sia finalmente giunto il momento di fermarsi. E, in quel momento, nasce anche un’altra domanda: quale strada conviene davvero percorrere per smettere di lavorare?
Smettere di lavorare prima con requisiti 104 e ape social: quale conviene?
Molti lavoratori che si prendono cura di un familiare con disabilità grave possono decidere se proseguire fino alla pensione oppure anticipare l’uscita dal lavoro grazie a strumenti specifici come il congedo straordinario previsto dalla Legge 104 o l’Ape Sociale. Entrando nei dettagli, il congedo straordinario retribuito è pensato per chi ha un contratto da dipendente e vuole prendersi una pausa dal lavoro per assistere un familiare non autosufficiente.
L’Ape Sociale, invece, si presenta come una forma di uscita anticipata dal mondo del lavoro, riservata a chi è in condizioni di fragilità, tra cui anche chi presta cura continuativa a persone disabili. Entrambe le opzioni offrono vantaggi, ma presentano anche condizioni e implicazioni molto diverse tra loro.
La vera differenza è da rinvenire nel momento della carriera in cui si utilizzano e negli effetti che hanno sulla pensione futura. Vediamo di seguito in cosa consistono e quale delle due alternative potrebbe essere più vantaggiosa in base alla propria situazione personale.
Cosa prevede il congedo 104
Il congedo straordinario è una possibilità riservata ai lavoratori dipendenti che devono assistere un familiare con disabilità certificata come grave ai sensi della normativa vigente. Chi lo ottiene ha diritto a un periodo di assenza retribuita fino a due anni complessivi nell’arco della vita lavorativa, che può essere utilizzato in modo continuativo o spezzettato.
Durante questo periodo si mantiene il posto di lavoro e lo stipendio è garantito, con alcune limitazioni legate al massimale Inps. Ma non solo, lo Stato riconosce i contributi figurativi, che vengono conteggiati come se si stesse lavorando. Si tratta di una misura pensata per chi non vuole ancora ritirarsi definitivamente dal lavoro, ma ha bisogno di un tempo prolungato per prendersi cura del proprio caro, senza subire penalizzazioni economiche o contributive.
Come funziona l’Ape Sociale
L’Ape Sociale rappresenta una via d’uscita dal mondo del lavoro, in attesa della pensione vera e propria. È riservata a chi si trova in determinate situazioni, tra cui appunto l’assistenza a un familiare disabile da almeno sei mesi.
Come spiegato sul sito dell’Inps:
“Per ottenere l’indennità è necessario che i soggetti in possesso delle condizioni indicate dalla legge abbiano, al momento della domanda di accesso, i seguenti requisiti:
- almeno 63 anni e 5 mesi di età;
- almeno 30 anni di anzianità contributiva; per i lavoratori che svolgono le attività cd. gravose l’anzianità contributiva minima richiesta è di 36 anni (ovvero almeno 32 anni per le categorie di gravosi sopra richiamate). Ai fini del riconoscimento dell’indennità, i requisiti contributivi richiesti sono ridotti, per le donne, di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di due anni;
- non essere titolari di alcuna pensione diretta“.
L’accesso a tale misura è subordinato alla cessazione di attività di lavoro dipendente, autonomo e parasubordinato svolta in Italia o all’estero. L’importo dell’assegno mensile dell’Ape Sociale è inferiore allo stipendio e prevede un massimale mensile lordo. Si ricorda, inoltre, che l’Ape Sociale non prevede il riconoscimento di contributi figurativi.
Quale misura scegliere?
Chi si trova nella condizione di poter optare tra il congedo straordinario e l’Ape Sociale deve effettuare la scelta tenendo conto della propria età, del reddito, della situazione contributiva e della volontà o meno di tornare al lavoro. Entrando nei dettagli il congedo 104 è in genere più conveniente per chi è ancora lontano dall’età pensionabile, vuole mantenere il contratto di lavoro, desidera un’indennità dall’importo simile al proprio stipendio e vuole continuare a maturare contributi validi per la pensione.
L’Ape Sociale, invece, è più adatta per chi ha già raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi richiesti e non vuole più rientrare nel mondo del lavoro. In determinati casi, inoltre, è possibile avvalersi di entrambe le misure. Molti lavoratori, infatti, scelgono di utilizzare prima il congedo 104, sfruttando i due anni retribuiti con contributi garantiti. In un secondo momento passano all’Ape Sociale che si rivela utile fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.
In questo modo è possibile massimizzare il reddito, perché il congedo offre importi superiori all’Ape Sociale. Ma non solo, si riescono ad accumulare più contributi, riuscendo così ad aumentare l’importo della pensione futura. Il tutto beneficiando di una transizione graduale tra lavoro e pensione, senza dover scegliere tutto subito. Ovviamente è fondamentale verificare di essere in possesso dei requisiti richiesti per accedere a tali misura. In caso di dubbi si consiglia di rivolgersi direttamente all’Inps.
O anche a un professionista esperto in materia previdenziale, per non rischiare di perdere questi importanti benefici.