I buoni fruttiferi postali sono tra i prodotti prediletti dagli italiani. Il motivo principale è che essi non hanno costi di gestione, di rimborso e collocamento e poi perché hanno una tassazione agevolata. Non sempre, però, gli interessi sono stati calcolati da Poste Italiane in maniera esatta e ciò riguarda sopratutto quelli a trent’anni emessi dopo il 13 giugno 1986, data del Decreto che ha modificato i titoli facenti parte dalla serie P a quella Q/P. Per questo i risparmiatori si sono appellati alla giustizia ed hanno avuto ragione.

Ma veniamo ai dettagli.

Il contenzioso con Poste Italiane per i bfp

Il Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986 ha modificato i buoni fruttiferi postali dalla serie P alla serie Q/P per cui vi è stato un ribasso degli interessi per i possessori dei titoli a trent’anni. Proprio per questo comunica l’avvocato Giulio Fragasso (esperto in diritto bancario e tributario), i risparmiatori si sono ribellati e si sono rivolti alla giustizia. L’avvocato ha spiegato che il motivo di contrasto nasce dai timbri posti sul fronte e sul retro dei buoni.

Il Decreto del 1986, infatti, all’articolo 5 dell’ultimo comma stabiliva che i titoli della serie “P” emessi dopo il 1° luglio 1986 dovevano essere modificati dagli Uffici Postali con l’apposizione di due timbri. Uno sulla parte anteriore del buono con la dicitura “Q/P” e l’altro dietro il buono con la serie Q/P con i nuovi tassi di interesse. Le Poste hanno però omesso tale regola in alcuni casi. Fragasso ha spiegato, infatti, che in molti buoni manca il timbro (dietro il buono) della modifica dei tassi di interesse con la serie Q/P. In altri casi, invece, il timbro retrostante indica soltanto le rendite fino al ventesimo anno lasciando uguale l’importo fisso a bimestre dal ventunesimo al trentesimo anno che inizialmente era stampato dietro ai buoni.

I casi posti all’attenzione dell’avvocato Fragasso

I casi posti all’attenzione del legale Fragasso riguardano tutte e due le omissioni di Poste Italiane. Una delle tante vittorie per tale motivo è quella di un risparmiatore che aveva sottoscritto tre bfp di 5.000.000 lire ognuno. Lo stesso si era recato alle Poste per ottenere gli interessi accorgendosi però che essi erano inferiori rispetto a quelli riportati nella parte posteriore del titolo. Il risparmiatore si è quindi rivolto al legale Fragasso che portato la questione in Tribunale e riuscendo a fare avere alla persona una liquidazione di circa 30 mila euro per ogni buono.

L’omissione di Poste Italiane

La mancanza di Poste Italiane per la quale il Tribunale ha dato ragione ai risparmiatori è stata la mancata apposizione del timbro sul retro dei bfp della nuova serie Q/P che era presente soltanto sul davanti. Proprio per questo il giudice ha chiesto il conteggio degli interessi originari riportati sulla parte posteriore del buono.

La seconda mancanza di Poste, come abbiamo spiegato, è stata quella del doppio timbro della nuova serie Q/P di modifica del titolo i cui interessi si fermavano però al ventesimo anno.I giudici, quindi, hanno accolto le richieste dei risparmiatori che chiedevano che il conteggio dal ventunesimo al trentesimo anno fosse quello riportato sul titolo e non quello conteggiato da Poste Italiane in base ai nuovi tassi di interesse previsto dal DL per quel periodo.

Leggete anche: Buoni fruttiferi postali: occhio ai 4 anni risparmio semplice.