E’ tornata la crisi dei chip, un déjà vu di quanto accaduto in pandemia. E anche questa volta c’entra la Cina, anche se non per effetto di un qualche lockdown contro il Covid. Tutto ha origine nei Paesi Bassi, dove il governo a fine settembre ha preso il controllo temporaneo della società di semiconduttori Nexperia, rimuovendone tra l’altro il CEO. Questa è una partecipata della società pubblica cinese Wingtech Technology quotata a Shanghai. Per tutta reazione Pechino ha disposto il divieto di esportare chip all’ex controllata, così come quest’ultima non spedisce più i wafer all’ex controllante per la lavorazione finale.
Wingtech nella lista nera USA
La mossa olandese si spiega con il fatto che gli Stati Uniti avevano inserito Wingtech nella lista nera con l’obiettivo di limitare o negare del tutto l’accesso alla Cina alle tecnologie sensibili. Il 30 ottobre scorso il presidente americano Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping si sono incontrati in Corea del Sud per discutere principalmente di questo problema. La crisi dei chip si è intrecciata nel frattempo a quella delle terre rare. Il governo cinese ha limitato le esportazioni di questi metalli indispensabili per le produzioni in numerosi settori, mettendo in allarme l’economia mondiale.
Accordo USA-Cina
I due sembrano avere trovato un accordo. La speranza è che ne benefici indirettamente l’Europa, dove già le case automobilistiche sono nel panico. La crisi dei chip sta riguardando semiconduttori non di fascia alta, ma comunque necessari per produrre auto, così come apparecchiature medicali, ecc. La stessa Germania stava tentando una mediazione con la Cina, ma il suo ministro degli Esteri, Johann Wadephul, non sarebbe stato neanche accolto dal suo omologo e ha dovuto annullare la visita.
Cosa può accadere? La produzione di auto nuove sta rallentando, tant’è che in Germania si parla di “settimana corta” per i dipendenti delle case costruttrici. Le consegne ai concessionari tarderanno ad arrivare nelle prossime settimane e mesi. Tutto questo potrebbe ripetere lo scenario a cui abbiamo assistito in pandemia. Molti clienti potrebbero rivolgersi al mercato delle auto usate per la necessità di cambiare una quattro ruote, facendone impennare i prezzi già sostenuti.
Crisi dei chip svela dipendenza strategica UE
Questa crisi dei chip rimarca ancora una volta la dipendenza strategica dell’Europa da Stati Uniti e Cina. Ciò limita fortemente la nostra autonomia in politica estera, ammesso che ve ne sia una. Le ripercussioni immediate rischiano di essere anche questa volta pesanti per l’economia. Da un lato, la crescita subirebbe un contraccolpo e dall’altro l’inflazione tornerebbe a salire. Anche per questo la Banca Centrale Europea preferisce in questa fase non assumere una direzione netta. Ha smesso di tagliare i tassi di interesse più per l’assenza di certezze sul prossimo futuro che non per la convinzione che il ciclo di allentamento monetario si sia concluso.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

