Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 nel sistema previdenziale italiano viene definito nuovo iscritto. Infatti, il 1996 segna l’entrata in vigore della riforma contributiva di Lamberto Dini, una data epocale per il sistema pensionistico: da quel momento le pensioni vengono calcolate e assegnate secondo le regole del metodo contributivo.
Dal 1996 in poi cambiano molte cose: dalle regole di calcolo delle prestazioni alle modalità di uscita dal lavoro. Ci sono vantaggi ma anche svantaggi per chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 1995. Ecco la guida completa alle pensioni nel sistema contributivo.
Pensioni nel sistema contributivo: la guida, i vantaggi e gli svantaggi di aver iniziato dopo il 1995
I vecchi iscritti sono coloro che hanno iniziato a versare contributi prima del 1996, mentre i nuovi iscritti sono quelli che hanno cominciato successivamente.
La prima differenza fondamentale riguarda le modalità con cui l’INPS calcola la pensione.
Per chi ha lavorato ed è andato in pensione interamente prima del 1996, il calcolo era effettuato con il metodo retributivo, basato sugli ultimi 5 anni di retribuzione o reddito. Questo sistema risultava molto favorevole, soprattutto per chi negli ultimi anni di carriera percepiva stipendi elevati. Tuttavia, esponeva anche a pratiche poco ortodosse (seppur lecite), come scatti di anzianità, progressioni accelerate di carriera o cambi di mansioni finalizzati a far crescere l’importo della futura pensione.
Chi invece ha iniziato a lavorare prima del 1996 ma ha proseguito dopo, rientra nel sistema misto. La pensione si calcola con le regole retributive fino al 31 dicembre 1995, mentre i periodi successivi sono conteggiati con il sistema contributivo. Se i contributi versati prima del 1996 ammontano ad almeno 18 anni, la parte retributiva si estende fino al 31 dicembre 2011.
Il metodo contributivo si basa sull’ammontare dei contributi accumulati nel montante contributivo, che si rivaluta in base all’inflazione e si moltiplica per specifici coefficienti di trasformazione.
Il calcolo della pensione e le integrazioni: tutte le penalizzazioni del sistema contributivo
Il calcolo contributivo è generalmente meno favorevole rispetto a quello retributivo ed è stato introdotto proprio per rendere le pensioni più eque. E anche proporzionate ai contributi effettivamente versati, evitando le distorsioni del sistema precedente.
Un ulteriore svantaggio è l’assenza di strumenti che nel retributivo e nel misto consentivano di aumentare le pensioni più basse, come l’integrazione al minimo e le maggiorazioni sociali. Nel contributivo, infatti, la pensione corrisponde esattamente ai contributi accumulati e rivalutati, senza possibilità di incrementi per chi si trova sotto una soglia prestabilita.
Ecco i vantaggi per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995
Nonostante le penalizzazioni, il sistema contributivo presenta anche alcuni vantaggi.
- È possibile ottenere una pensione anche con meno di 20 anni di contributi. Nel retributivo e nel misto, infatti, chi non raggiungeva i 20 anni non aveva diritto alla pensione.
- Nel contributivo, a 71 anni, bastano 5 anni di versamenti per maturare il diritto alla pensione, indipendentemente dall’importo.
- A 67 anni è possibile accedere alla pensione di vecchiaia, purché l’assegno raggiunga almeno l’importo dell’assegno sociale.
- A 64 anni, invece, si può andare in pensione con almeno 20 anni di contributi, ma l’importo deve essere pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale.
Per le lavoratrici sono previste condizioni leggermente più favorevoli:
- con un solo figlio, la soglia scende a 2,8 volte l’assegno sociale;
- con più figli, è sufficiente raggiungere 2,6 volte l’assegno sociale.