Non ci saranno quelle enormi novità che solo una vera riforma delle pensioni potrebbe introdurre, ma il tema pensionistico è comunque una materia che si evolve rapidamente. Tra nuove norme in vigore, provvedimenti del governo attuati tramite decreti, circolari dell’INPS e così via, sulle pensioni le novità non mancano mai.
Anche questa settimana sono arrivate alcune notizie rilevanti. Le più importanti riguardano:
- l’estensione dell’integrazione al trattamento minimo su determinate pensioni, frutto di una sentenza della Corte Costituzionale;
- l’apertura dell’INPS alle domande per l’incentivo al posticipo del pensionamento.
Novità pensioni, esteso il trattamento minimo anche alle pensioni contributive: ecco per chi e da cosa deriva
Quando la Corte Costituzionale interviene in materia previdenziale, l’effetto è sempre significativo, soprattutto quando tocca gli importi delle pensioni o di alcune prestazioni.
L’ultima pronuncia riguarda proprio le pensioni di invalidità, che da ora in poi dovranno essere sempre integrate al trattamento minimo.
In pratica, la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittima la parte della riforma Dini che escludeva dall’integrazione al trattamento minimo INPS le pensioni di invalidità interamente rientranti nel sistema contributivo.
La riforma del 1996, infatti, non prevedeva tale integrazione per chi non aveva contributi versati prima di quella data. Parliamo dei cosiddetti contributivi puri, soggetti per i quali valgono sia i requisiti sia il calcolo stabiliti dalla riforma stessa.
La Consulta boccia una parte della riforma Dini
Quella che era a tutti gli effetti una grave discriminazione ai danni di molti contribuenti, viene ora eliminata almeno per i titolari di pensioni di invalidità, grazie alla recente sentenza della Consulta.
Tuttavia, la Corte Costituzionale ha limitato gli effetti del suo intervento al futuro, probabilmente per tutelare le casse pubbliche. In altre parole, tutte le pensioni di invalidi – anche quelle contributive – dovranno ora essere integrate al trattamento minimo INPS, ma senza effetto retroattivo. Nessun arretrato, quindi, per chi è stato escluso fino a oggi.
La sentenza in questione è la numero 94 del 2025, con cui la Corte ha accolto un ricorso presentato dalla Suprema Corte di Cassazione.
In sostanza, la pronuncia, basandosi sull’articolo 38 della Costituzione (che garantisce mezzi adeguati per vivere), afferma che la modalità di calcolo della pensione – retributiva, mista o contributiva – non deve incidere sul diritto all’integrazione al minimo per chi percepisce un assegno ordinario di invalidità. Questo assegno deve quindi essere portato a 603,40 euro al mese, attuale valore del trattamento minimo INPS.
Novità pensioni anche per l’incentivo a posticipare il trattamento
Un’altra novità significativa arriva dalla circolare INPS n. 102 del 2025, che chiarisce un punto introdotto dalla legge di Bilancio 2024 (legge 207/2024, art. 1, comma 161). Si tratta dell’estensione dell’incentivo al posticipo del pensionamento, già previsto per la quota 103, anche alla pensione anticipata ordinaria.
L’incentivo è rivolto sia ai lavoratori pubblici sia a quelli del settore privato, ed è destinato a chi sceglie di rimanere al lavoro nonostante abbia già maturato il diritto alla pensione. Se prima era riservato solo a chi aveva compiuto 62 anni con 41 anni di contributi, ora è disponibile anche per chi ha maturato i requisiti della pensione anticipata ordinaria:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Un incentivo esentasse che non incide sull’ISEE
La circolare INPS conferma che si tratta di un incentivo completamente esentasse: non genera reddito imponibile, quindi non si pagano imposte su quanto percepito e non incide sull’ISEE. Un aspetto molto rilevante, perché l’ISEE è spesso fondamentale per accedere a prestazioni assistenziali, bonus e agevolazioni.
L’incentivo corrisponde a un aumento in busta paga del 9,19% dello stipendio, derivante dallo sgravio contributivo. In pratica, la parte di contributi INPS che normalmente viene trattenuta al dipendente resta in busta paga, aumentando il netto percepito.