In base alle ultime indiscrezioni sulle nuove misure della riforma delle pensioni, c’è un dato chiaro e incontestabile: le nuove pensioni saranno tutte — o quasi — calcolate con il sistema contributivo.
Ma cosa significa davvero questo e perché i lavoratori sono così preoccupati da questa novità? I chiarimenti sono necessari, perché molti credono di essere pesantemente penalizzati, mentre in realtà non è sempre così.
Le domande più frequenti: paura del taglio dell’assegno
“Buongiorno, mi chiamo Davide, lavoratore in procinto di andare in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi. Dovrei andarci nel 2025, tra settembre e ottobre, per via dei tre mesi di finestra.
Sono preoccupato perché sento dire che la pensione anticipata potrebbe diventare contributiva. Quanto ci rimetto sull’assegno?”
“Salve, volevo capire come quantificare il taglio della pensione di Quota 103. Infatti, il mese prossimo raggiungerò i requisiti per questa pensione, ma se la perdita è troppo alta, potrei decidere di continuare a lavorare.”
“Gentili esperti, sono una dipendente del settore privato e sto valutando l’uscita nel 2026, quando raggiungerò 41 anni e 10 mesi di contributi. È vero che la pensione sarà calcolata con il sistema contributivo? Ho sentito dire che Opzione Donna taglia il 35% della pensione proprio per il calcolo contributivo. Succederà lo stesso anche a me?”
Pensioni: ecco chi ci rimette davvero con il calcolo contributivo di Quota 41, Quota 103 e delle altre misure
I tre quesiti sopra sono solo una piccola parte delle centinaia di email che riceviamo ogni giorno sul tema del calcolo contributivo delle pensioni. Basta nominare il contributivo per generare timore. Questo perché, in molte guide presenti sul web, si legge che la penalizzazione sarebbe enorme.
La verità è che molto dipende dal singolo caso, dalla carriera lavorativa e dalla storia contributiva. Attualmente, esistono già due misure che adottano il calcolo interamente contributivo:
- Opzione Donna;
- Quota 103.
Sono misure che prevedono il contributivo puro anche per chi ha lavorato prima del 1996, oppure lo accettano volontariamente per sfruttare canali di pensionamento anticipato più favorevoli.
Ma cosa significa calcolo contributivo? Semplicemente che l’assegno pensionistico sarà determinato in base all’ammontare dei contributi versati, e non alla media delle ultime retribuzioni percepite, come accade nel sistema retributivo. È un sistema ritenuto più equo, perché chi versa di più riceve di più.
Tuttavia, chi ha avuto retribuzioni elevate soprattutto negli ultimi anni di carriera, con il contributivo perde di più. E in certi casi, il taglio può essere consistente.
Taglio della pensione con il contributivo: quanto si perde davvero
In teoria, il taglio dell’assegno per chi passa da un sistema retributivo a uno contributivo può superare il 30%. Ma la misura reale della penalizzazione dipende dalla carriera.
Attualmente vige il calcolo misto:
- metodo retributivo per i periodi lavorativi prima del 1° gennaio 1996;
- metodo contributivo per quelli successivi.
Chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 avrà:
- pensione retributiva fino al 31 dicembre 1995;
- pensione contributiva per gli anni successivi.
Chi invece ha almeno 18 anni di versamenti prima del 1996 avrà una pensione così strutturata:
- metodo retributivo fino al 31 dicembre 2011;
- metodo contributivo per gli anni successivi.
Le regole di calcolo e gli esempi dei veri penalizzati
I più penalizzati, come si può facilmente intuire, sono proprio quelli che rientrano nella seconda casistica: lavoratori con molti anni di contributi prima del 1996.
Infatti, più ampia è la quota che oggi viene calcolata con il sistema retributivo, più elevato sarà il taglio se si rinuncia a questo vantaggio per accedere a una pensione interamente contributiva.
Ad esempio, la proposta di introdurre Quota 41 per tutti, che il Governo intende varare solo con calcolo contributivo, mostra già in modo chiaro quale sarà il futuro delle pensioni: solo contributivo.
Di conseguenza, perderà di più chi dovrà rinunciare a una porzione consistente di retribuzioni che, in origine, rientravano nel sistema retributivo.
Al contrario, sarà poco penalizzato chi, anche senza novità normative, avrebbe avuto comunque una pensione prevalentemente contributiva. Un esempio?
Un lavoratore che ha iniziato a versare nel 1990, anche restando nel sistema misto, avrebbe:
- solo sei anni retributivi (dal 1990 al 1995);
- tutto il resto calcolato col contributivo.
In questo caso, il passaggio al contributivo puro comporterebbe un taglio minimo, perché la differenza tra i due sistemi sarebbe quasi nulla.