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Oggi: 05 Dic, 2025

Pensioni a 67 anni: tre esempi molto diversi di pensionamento INPS

Come è possibile andare in pensione o prendere un trattamento INPS a 67 anni, ecco tre casi che portano allo stesso positivo risultato.
5 mesi fa
2 minuti di lettura
pensione a 67 anni
Foto © Investireoggi

A 67 anni scatta il momento cruciale per le pensioni. L’età pensionabile è infatti fissata a 67 anni, almeno fino al 2026, con la possibilità di un aumento a partire dal 2027.

A questa età è possibile accedere alla pensione, ma le modalità per farlo sono diverse. Molto dipende dal singolo caso: dalla posizione contributiva del lavoratore, dai contributi versati, e in alcuni casi anche dal reddito percepito o dallo stipendio maturato nel corso della carriera.

Ecco tre casi diversi da analizzare, che, pur partendo da situazioni differenti, portano tutti al medesimo risultato: il diritto a ottenere un trattamento pensionistico INPS al compimento dei 67 anni.

Caso 1: 20 anni di contributi e carriera con inizio antecedente il 1995

La pensione di vecchiaia ordinaria è quella che prevede come requisito anagrafico i 67 anni di età. Si tratta di una misura consolidata, che non ha subito modifiche recenti e che, come detto, dovrebbe restare in vigore anche nel 2026.

Il requisito contributivo richiesto è di almeno 20 anni di contributi, a qualsiasi titolo versati.

Non ci sono particolari vincoli aggiuntivi, né in termini di accesso né di calcolo dell’importo pensionistico.

  • Per i periodi anteriori al 1° gennaio 1996, si applica il calcolo retributivo.
  • Per i periodi successivi, si utilizza il calcolo contributivo.

Se entro il 31 dicembre 1995 sono stati maturati almeno 18 anni di contributi (ossia 936 settimane), il calcolo retributivo si estende anche per i periodi fino al 31 dicembre 2011.

Caso 2: 20 anni di contributi, carriera iniziata dopo il 1995 e stipendio alto

Il secondo caso riguarda i cosiddetti contributivi puri, ossia quei lavoratori che non hanno versato alcun contributo prima del 1996. La loro carriera è iniziata dopo l’entrata in vigore della Riforma Dini, e quindi rientrano interamente nel sistema contributivo.

Anche per loro è possibile accedere alla pensione a 67 anni di età, con almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, esiste un ulteriore requisito: la pensione maturata deve essere pari o superiore all’importo dell’assegno sociale dell’anno in corso.

Nel 2025, l’assegno sociale INPS ammonta a 538,69 euro mensili.
Può sembrare facile raggiungere questo importo, ma non è così: i contributivi puri, infatti, non hanno diritto a integrazioni al minimo né a maggiorazioni sociali.

La pensione viene determinata esclusivamente in base ai contributi effettivamente versati. Per ottenere almeno l’equivalente dell’assegno sociale, è necessario avere un montante contributivo superiore a 120.000 euro. Ciò equivale, in media, ad aver versato oltre 6.000 euro l’anno di contributi.

Raggiungere questo valore è fondamentale: al di sotto di tale soglia, la pensione non viene erogata, proprio perché risulterebbe inferiore all’assegno sociale stesso, che in quei casi prevale sulla pensione.

Caso 3: A 67 anni senza contributi, non si parla di pensione ma di trattamento INPS comunque possibile

In precedenza abbiamo citato l’assegno sociale come riferimento per verificare se un contributivo puro ha diritto alla pensione. Tuttavia, l’assegno sociale è anche una misura autonoma, destinata a chi ha 67 anni di età ma non possiede i requisiti per alcun tipo di pensione.

Questo riguarda:

  • chi non ha raggiunto i 20 anni di contribuzione;
  • chi non ha mai versato contributi;
  • chi non raggiunge l’importo minimo richiesto per la pensione, pur avendo contributi.

In questi casi, se il soggetto rispetta specifici requisiti reddituali, ha diritto a percepire l’assegno sociale.
I requisiti, infatti, sono strettamente legati al reddito.

In sintesi:

  • un singolo ha diritto all’assegno se il suo reddito personale non supera l’importo dell’assegno stesso;
  • può riceverlo per intero (538,69 euro al mese) solo se non possiede altri redditi;
  • se ha un reddito, l’importo dell’assegno viene ridotto in base alla differenza tra 538,69 e il reddito mensile posseduto.

Nel caso di coniugi, si considera anche il reddito del partner. In questo caso, la soglia di riferimento raddoppia:

  • l’assegno sociale intero spetta se il reddito familiare non supera 1.077,38 euro mensili;
  • se il reddito è superiore, l’assegno si riduce calcolando la differenza tra 1.077,38 e il reddito coniugale complessivo.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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