Se qualcuno considerava 20 anni di contributi come la soglia minima da raggiungere per centrare il requisito utile alla pensione anticipata, potrebbe aver fatto i conti senza considerare le ultime novità. Il sistema previdenziale si sta infatti muovendo verso un innalzamento del requisito: la nuova soglia appare ormai fissata a 25 anni.
E questo cambiamento non è di poco conto, perché avere 5 anni di contributi in più può significare, in alcuni casi, andare in pensione fino a 3 anni prima.
Pensioni nel 2026: 5 anni in più di contributi valgono 3 anni di anticipo
Finora si è sempre distinta la platea tra contributivi puri (chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995) e lavoratori “misti” (chi aveva contributi già prima di quella data), con misure di pensionamento differenziate.
Dal 2026, però, lo scenario potrebbe cambiare radicalmente.
Secondo quanto trapela dai lavori per la nuova legge di Stabilità, l’orientamento del governo è chiaro:
- stop alle differenze tra contributivi e misti;
- maggiore integrazione tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare;
- introduzione di una soglia minima di 25 anni di contributi per accedere a forme di pensionamento anticipato.
È questo il cuore della nuova ipotesi battezzata Quota 89.
La pensione a 64 anni, oggi riservata solo ai contributivi puri, diventerebbe accessibile anche ai lavoratori misti. In cambio, però, anche questi ultimi dovrebbero accettare il calcolo interamente contributivo dell’assegno, con conseguente riduzione dell’importo.
Che novità porta con sé il 2026 per le pensioni anticipate?
La riforma non è ancora definitiva e sono attesi correttivi. Restano infatti alcuni punti da chiarire, ad esempio se per i lavoratori misti continuerà a valere la soglia di 25 anni di contributi, o se basteranno 20 anni, come già accade oggi per i contributivi puri.
La logica sembra tuttavia orientata verso un requisito più stringente:
- con 64 anni di età, 25 anni di contributi e un assegno pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale, anche i misti potrebbero accedere alla pensione.
- per i contributivi puri, la soglia resterebbe teoricamente a 20 anni, ma con la possibilità di arrivare a 25 e integrare la pensione con la previdenza integrativa, in modo da raggiungere la quota minima richiesta.
Il nodo da sciogliere è se lo stesso meccanismo sarà esteso anche ai misti.
Sembra poco, ma 5 anni in più sono decisivi
Chi non ha aderito alla previdenza complementare rischia, dal 2026, di avere meno possibilità di accedere alla pensione a 64 anni. Infatti, solo chi potrà contare anche sulla previdenza integrativa potrà sommare la rendita privata a quella pubblica per raggiungere la soglia minima.
E qui entrano in gioco i famosi 5 anni in più:
- con 20 anni di contributi, ma senza previdenza complementare, l’opzione a 64 anni rischia di non essere praticabile;
- con 25 anni di contributi, invece, cresce sensibilmente la possibilità di centrare l’obiettivo.
Ecco perché, dal 2026, 5 anni di versamenti aggiuntivi possono davvero fare la differenza e valere fino a 3 anni di pensione anticipata.