Nel sistema previdenziale italiano, guai a fermarsi alle semplici regole fisse per andare in pensione. È pur vero che esistono numerose misure pensionistiche, ognuna con i propri requisiti specifici. Ma, analizzando bene queste misure, si scoprono molte agevolazioni, incentivi e bonus che spesso vengono trascurati o ignorati.
Si tratta di vantaggi reali che alcuni contribuenti possono sfruttare per ottenere una pensione più alta o per anticipare l’uscita dal lavoro. Oppure, al contrario, per ottenere bonus aggiuntivi semplicemente rimandando il pensionamento.
Bonus pensioni per lasciare il lavoro più tardi
Un tipico esempio di bonus oggi disponibile è quello legato al posticipo dell’uscita dal lavoro.
Come anticipato, ogni misura pensionistica ha le sue regole e i suoi requisiti. La pensione anticipata ordinaria, ad esempio, prevede come unico requisito quello contributivo. Sono necessari almeno 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
Inoltre, per tutti è richiesto, sempre per la pensione anticipata, che almeno 35 anni siano contributi effettivi da lavoro. Escludendo quindi i contributi figurativi da infortunio, malattia o disoccupazione.
C’è poi la Quota 103, una misura che impone il calcolo contributivo della prestazione e prevede un tetto massimo pari a quattro volte il trattamento minimo INPS. In questo caso bastano 41 anni di contributi, di cui almeno 35 effettivi, ma solo se si sono compiuti almeno 62 anni di età.
Queste due misure, seppur diametralmente opposte nei requisiti e nel sistema di calcolo, hanno un elemento in comune: il cosiddetto bonus al posticipo, noto anche come Bonus Maroni.
Chi, pur avendo raggiunto i requisiti per la Quota 103 o per la pensione anticipata ordinaria, sceglie di rimandare l’uscita fino a 67 anni, può beneficiare di uno stipendio più alto.
Questo grazie alla possibilità di trattenere in busta paga i contributi a proprio carico, che il datore di lavoro non verserà più all’INPS. Si tratta di uno sgravio contributivo pari al 9,19% dell’aliquota del 33% prevista per il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, che normalmente è a carico del lavoratore.
Pensioni 2025 e 2026: incentivi, bonus e vantaggi da sfruttare all’INPS
Non sarà forse un bonus diretto come quello appena descritto, ma per alcune lavoratrici esiste la possibilità di ottenere una pensione più alta sia a 67 che a 64 anni. Le donne che hanno avuto figli e il cui primo accredito contributivo è successivo al 1995, possono usufruire di una regola su richiesta che consente un miglior calcolo della pensione.
Con uno o due figli, una lavoratrice che ha 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi può chiedere che la pensione venga calcolata con il coefficiente di trasformazione dei 68 anni. E poiché i coefficienti migliorano con l’aumentare dell’età di uscita, il risultato sarà una pensione più alta.
Se i figli sono più di due, il calcolo può essere effettuato come se l’uscita fosse avvenuta a 69 anni. Lo stesso principio si applica anche alle pensioni anticipate contributive. Ovvero quelle ottenibili a 64 anni con almeno 20 anni di contributi.
Ma ciò è possibile solo per i contributivi puri, cioè chi non ha versamenti anteriori al 1996.
Anche in questo caso, si può ottenere la pensione a 64 anni. Ma calcolata come se fosse stata liquidata a 65 o 66 anni, con un evidente vantaggio economico.
Altri vantaggi che è possibile richiedere all’INPS
Sempre per le donne che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1995, esiste un altro vantaggio legato all’età di uscita, che può essere anticipata di 4 mesi per ogni figlio avuto, fino a un massimo di 16 mesi complessivi.
Questo beneficio vale sia per le pensioni a 67 anni sia per quelle a 64 anni. In pratica, grazie ai figli, una lavoratrice può anticipare l’uscita dal lavoro fino a 16 mesi. Tuttavia, è importante sapere che questo bonus sull’età pensionabile è alternativo a quello del miglior coefficiente di calcolo. Quindi, se si sceglie di uscire prima, si perde il vantaggio del coefficiente più alto, e viceversa.
Un ulteriore vantaggio riguarda i contributivi puri che hanno iniziato a lavorare prima della maggiore età. In questo caso, ogni anno di contributi versati prima dei 18 anni vale 1,5 volte ai fini del calcolo pensionistico.
Infine, per gli invalidi riconosciuti dalla commissione medica congiunta ASL-INPS, esiste un bonus di due mesi di contributi figurativi aggiuntivi per ogni anno di lavoro svolto dopo il riconoscimento dell’invalidità.