In gergo, si definiscono “beni rifugio” per la loro caratteristica di essere considerati massimamente affidabili nelle situazioni di crisi. In inglese, sono i “safe asset” e tra i più importanti nel mondo figurano il dollaro, i titoli di stato americani, così come l’oro, il franco svizzero, lo yen e i Bund della Germania. Ultimamente, però, avanzano d’importanza anche i bond emessi dall’Unione Europea. Sono titoli del debito sovranazionale emessi a nome di tutti gli stati comunitari. Le agenzie di rating assegnano loro il rating tripla A, superiore al giudizio di cui godono persino i titoli del debito negli Stati Uniti.

I safe asset hanno di buono che sono un riferimento quando sui mercati esplodono tensioni. Il rovescio della medaglia consiste nel fatto che offrono tendenzialmente rendimenti bassi. Lo vediamo da molti anni con i titoli di stato tedeschi. Hanno persino registrato a lungo rendimenti negativi sull’intera curva delle scadenze. Non è più così. Adesso, il rendimento a 10 anni viaggia al 3%.

Rendimenti fin sopra 4% per scadenze lunghe

E i safe asset dell’Unione Europea? Anch’essi offrono rendimenti accettabili. La scadenza 6 luglio 2026 senza cedola (ISIN: EU000A3KTGV8), emessa nell’ambito del Next Generation EU, prezza sotto 91,50 centesimi e rende il 3,35%. Spostandoci sul tratto decennale, il bond 4 febbraio 2033 con cedola 2,75% (ISIN: EU000A3K4DW8) è sceso di prezzo sotto 94 centesimi e rende più del 3,50%. Infine, il trentennale con scadenza 4 marzo 2053 e cedola 3% (ISIN: EU000A3K4DY4) si acquistava venerdì scorso a 82 centesimi tondi, pari a un rendimento in area 4,05%.

Se facciamo il confronto con i BTp, che offrono sopra il 5% sui 30 anni, sembrano rendimenti ancora bassi. Ma abbiamo appena finito di scrivere che stiamo parlando di safe asset, ossia di titoli che alzano la qualità del portafoglio d’investimenti. Non si potrà mai pretendere che rendano quanto i bond sull’orlo dell’area “junk” o “spazzatura”.

La sicurezza si paga. E’ una legge di mercato.

Safe asset UE ancora poco liquidi

L’Unione Europea ha solo di recente iniziato ad emettere titoli del debito comune, perlopiù a seguito del varo del Next Generation EU da 750 miliardi di euro. Di questi, il 30% sarà sotto forma di green bond, al fine di guidare il processo verso la transizione energetica. I funzionari di Bruxelles sono perfettamente consci che il debito europeo abbia natura di safe asset e puntano a costruire una curva sempre più liquida. La vera debolezza dei bond europei, in effetti, consiste nel basso grado di liquidità delle scadenze. Ne offre conferma il fatto che i rendimenti risultino ancora a premio sui Bund. In teoria, dovrebbe accadere il contrario.

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