Il rischio deflazione nell’Eurozona sembra essere definitivamente archiviato e il primo dato del 2021 ci indica una crescita tendenziale dei prezzi dello 0,9%, la prima dopo cinque mesi consecutivi di contrazione. Le stime erano per un +0,5%. In Germania, la ripresa è stata ancora più accentuata: +1%. La reflazione in corso sarebbe legata al miglioramento delle condizioni macro nell’area dopo un 2020 da dimenticare. A dicembre e gennaio, l’indice manifatturiero è salito ai massimi da due anni e mezzo, mentre quello dei servizi, pur in ripresa, conferma la contrazione del settore, il quale evidentemente risente più degli altri dei “lockdown” imposti nuovamente dai governi contro i contagi.

L’inflazione ritorna nell’Area Euro e per i bond sarebbe una brutta notizia, forse non per i BTp

Come abbiamo già avuto modo di chiarire, la reflazione sarebbe nemica dei bond. E se guardiamo a quello che è accaduto nelle ore successive alla pubblicazione del dato Eurostat sul tasso d’inflazione a gennaio nell’Area Euro, ne otteniamo una conferma immediata. Il Bund agosto 2050 e zero coupon (ISIN: DE0001102481) ha perso quest’anno il 4,4%, attestandosi ieri poco sopra la pari e offrendo un rendimento vicinissimo allo zero. Il trentennale tedesco, nel corso della seduta, a tratti ha esibito un rendimento di poco positivo per la prima volta dal settembre scorso.

La scadenza tedesca a 10 anni nel frattempo è salita di rendimento a circa -0,465%, il valore più alto dal settembre scorso anche in questo caso. La curva della Germania resta sostanzialmente negativa per intero, ma già inizia a mostrare qualche segnale di cedimento sul tratto ultra-lungo. Come anticipato, finché c’era deflazione, i rendimenti negativi erano in una minima misura giustificabili, adesso iniziano ad apparire sempre più irrazionali. Anche perché tra dicembre e gennaio l’accelerazione dei prezzi è stata piuttosto brusca. L’Eurozona è passata dal -0,3% al +0,9%, mai un balzo così potente da un decennio a questa parte.

Ma i rendimenti resteranno bassi

Analizzando l’andamento del decennale tedesco legato all’inflazione, otteniamo che il tasso atteso d’inflazione a 10 anni in Germania sarebbe salito a poco meno dell’1,60%. Siamo su livelli ancora inferiori rispetto al target della BCE “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. Tuttavia, non solo la deflazione sarebbe realmente alle spalle, ma con questi numeri chi oggi acquistasse il Bund a 10 anni perderebbe in termini reali oltre un quinto del capitale investito. Davvero troppo, anche se si tratta di pregiata carta tedesca. Semmai, potranno limitare le perdite o finanche confidare in un risultato positivo quegli investitori fuori dall’Eurozona che scommettano sull’apprezzamento del nostro tasso di cambio. Ad esempio, da qui al 2031 sarebbe sufficiente un cambio euro-dollaro del 5% più alto di oggi per far guadagnare gli investitori americani in possesso dei decennali tedeschi.

Se i Bund restano iper-apprezzati fino alle lunghissime scadenze si deve fondamentalmente all’attesa di una politica monetaria della BCE ultra-accomodante per tutti i prossimi mesi e alla presenza di rischi che continuano a incombere sull’economia dell’area e globale, provenienti sempre dalla pandemia, dato il basso ritmo delle campagne vaccinali nazionali, salvo pochissime eccezioni. Se nei radar di Francoforte c’era un ulteriore taglio dei tassi overnight, crediamo che una simile misura verrebbe adottata solo dopo che l’istituto avrà verificato il trend dell’inflazione almeno per i due mesi successivi a gennaio, onde evitare di surriscaldare eccessivamente i prezzi e di ritrovarsi nel prossimo futuro ad accelerare anzitempo l’uscita dai piani espansivi.

Il Bund 2050 senza cedola conferma i rischi delle obbligazioni ultra-lunghe

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