Anche molte economie emergenti si stanno disinflazionando e questo è un bene per i loro mercati obbligazionari, i quali non sempre si mostrano prontamente reattivi per adeguarsi ai miglioramenti macro. In Africa a offrire potenziali soddisfazioni agli investitori non vi sarebbe solo l’Egitto, bensì pure il Ghana, stato dell’Africa nord-occidentale e che il Fondo Monetario Internazionale vede per quest’anno con l’economia maggiormente in crescita, verosimilmente di oltre l’8%. Nell’ultimo decennio, il pil è cresciuto mediamente del 7% all’anno, trainato sia dalla crescente produzione di petrolio, sia dalla relativa stabilità politica.

Sono numerose le emissioni sovrane del Ghana in dollari. Una di queste è fresca, risale al marzo scorso e riguarda un titolo in scadenza nel gennaio 2026, cedola 8,125% (ISIN: XS1108847531). Al momento, offre un rendimento del 6,80% e dal giorno del collocamento sul mercato ha segnato un rialzo di circa il 4,5%. E il bond in dollari con scadenza ottobre 2030 venne emesso nel 2015 con vita residua di 15 anni e cedola 10,75% (ISIN: XS1297557412). Da allora, si è apprezzato del 20% e ancora oggi offre un rendimento annuo del 6,70%. Stiamo parlando di obbligazioni che presentano un rischio di cambio contenuto, relativo ai movimenti del cambio euro-dollaro.

A conti fatti, garantiscono un rendimento annuo nei pressi di 500 punti base al di sopra della corrispondente curva dei Treasuries, in sé sufficienti a tutelare contro l’atteso deprezzamento del dollaro contro l’euro. E cosa importante: il bond 2030 risulta garantito per il 40% dalla Banca Mondiale, per cui anche il rischio sovrano andrebbe considerato relativamente basso. Precisiamo che trattasi, ad ogni modo, di titoli “spazzatura”, cioè valutati dalle agenzie di rating “non investment grade”, con giudizio pari a “B” per S&P e Fitch.

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Rendimenti a quasi il 20% in cedi

Passando alle obbligazioni di stato del Ghana in valuta locale, abbiamo il biennale con scadenza ottobre 2021 e cedola 19,50% (ISIN: GHGGOG052275), il cui rendimento attuale continua a superare il 19%.

Un altro biennale, scadenza giugno 2021 e cedola 17,50% (ISIN: GHGGOG050543) offre il 18,40%. Certo, qui il rischio di cambio amplifica di gran lunga quello di credito, se si considera che il cedi ha perso mediamente oltre il 5% all’anno nell’ultimo decennio contro l’euro. Tuttavia, anche in questo caso bisogna tenere conto di condizioni macro apparentemente rassicuranti, perché l’inflazione a settembre è scesa al 7,6%, ai minimi da 6 anni e da circa un anno e mezzo viaggia sotto la doppia cifra.

E i tassi restano altissimi in termini reali, fissati dalla banca centrale ancora al 16%, pur tagliati quest’anno a gennaio di 100 punti base. Se si considera il contesto globale, capiamo benissimo quanto sia altissimo il margine per ridurre il costo del denaro senza impattare negativamente sul cambio e sostenendo così il comparto obbligazionario, che a quel punto avrebbe modo di correre, eventualmente anche compensando eventuali deprezzamenti del cedi contenuti.

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