Questione di tempo e il Tesoro emetterebbe un nuovo BTp in dollari. Se ne discute da mesi e già sotto il predecessore di Roberto Gualtieri, Giovanni Tria, era uscito un comunicato in tal senso. Adesso, via XX Settembre avrebbe raggiunto un’intesa con gli specialisti del debito per il collocamento a costi relativamente bassi, tenuto conto della necessaria copertura contro il rischio di cambio, attraverso il ricorso agli strumenti derivati. Non è un caso che di BTp in dollari si parli in questa fase per la prima volta dal 2010, dato che il cambio euro-dollaro è tornato ai minimi da due anni e mezzo e dovrebbe risalire nei prossimi mesi e anni, a seguito della necessità per la Federal Reserve di tagliare i tassi USA per rilanciare l’economia americana e della BCE di alzarli rispetto ai minimi di questi anni.

BTp in dollari, Tria frenerà sul primo collocamento dal 2010 dopo il taglio dei tassi Fed?

In Italia, due sono ancora i BTp in dollari in circolazione. Uno scade nel settembre del 2023 e offre cedola 6,875% (ISIN: US465410AH18). Prezza 117 sul mercato secondario, per cui esibisce al momento un rendimento del 2,20%, che si confronta con lo 0,10% del BTp 1 ottobre 2023 e denominato in euro. Il secondo scade nel giugno 2033, cedola 5,375% (ISIN: US465410BG26), prezzo 121 e rendimento sopra il 3,15%. Anche in questo caso, esiste un premio di circa 200 punti base rispetto all’omologo per durata in euro.

Cambio influisce sugli spread

Come mai rendono di più rispetto alle emissioni in euro? La risposta va ricondotta chiaramente alle previsioni sul cambio euro-dollaro. Stando allo spread Treasury-Bund, per entrambe le scadenze vi sarebbe l’attesa di un deprezzamento medio annuo del dollaro contro l’euro di quasi il 2,20%, per cui i premi sopra indicati rispecchierebbero perfettamente i movimenti attesi del cross valutario. Se il biglietto verde si deprezza contro la moneta unica, infatti, il BTp in esso denominato rimborserà alla scadenza un capitale di valore inferiore, una volta riconvertito in euro.

Quest’anno, il 2023 ha guadagnato il 6,4% e il 2033 il 15%, rispettivamente poco più e molto meno del 6,1% e del 23,6% messi a segno dai corrispondenti BTp in euro. Nel medio-breve termine, infatti, gli investimenti in dollari hanno continuato a mostrarsi relativamente appetibili, mentre per il medio-lungo termine sembra assodato che il cambio giochi a loro sfavore.

Ecco perché per i BTp in dollari l’Italia sarebbe a rischio default, ma restando nell’euro

Il Tesoro punterebbe a un’emissione da 3 miliardi di dollari, qualcosa come circa 2,7 miliardi di euro. Nel caso in cui il mercato reagisse positivamente, non si esclude che possa collocare anche BTp denominati in altre valute, a partire dallo yen. Tutto, pur di vendere debito italiano agli investitori esteri, che oggi come oggi temono due cose: forti variazioni future dei tassi di cambio e rischio di credito per emittenti con rating poco solidi come l’Italia. Il primo rischio verrebbe automaticamente azzerato, per cui i capitali fluirebbero più facilmente dagli USA, così come dal Giappone, verso il nostro Paese. Ovvio che coprirsi dal rischio costerà allo stato, ma il gioco dovrebbe valere la candela; in primis, perché si riscontrerebbe una domanda più elevata sui mercati esteri e a beneficio dei rendimenti e, secondariamente, nel caso in cui il mercato dovesse scontare oggi un apprezzamento dell’euro inferiore di quello che sarà nei fatti.

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