La scorsa settimana, per la prima volta nella storia le obbligazioni con rating “non investment grade” emesse negli USA e in dollari sono scese sotto il rendimento del 4%, attestandosi al 3,96%. Parliamo di titoli ad alto rischio per le agenzie di valutazione, ossia emessi da società molto “leveraged”, altamente indebitate e a rischio di crac. Ma nell’era dei tassi a zero e di rendimenti negativi lungo gran parte delle scadenze sovrane e persino corporate in Europa e Giappone, accade che gli investitori istituzionali non sappiano più cosa inserire in portafoglio per creare valore a favore dei clienti.

BCE verso l’acquisto di “junk” bond. E dovremmo avere paura

La caccia alla “yield” si è intensificata a tal punto, che adesso si pensa che ad approfittarne sarebbero gli emittenti con rating “CCC”, vale a dire quelli ad altissimo rischio di default. Per aumentare il rendimento medio degli investimenti obbligazionari, i fondi non possono che assumersi nuovi rischi. Grazie a questo trend, Issa Brothers ha potuto nei giorni scorsi finanziare parte della sua operazione di acquisizione dei magazzini Asda da 6,8 miliardi di sterline (7,8 miliardi di euro) dall’americana Walmart. Lo ha fatto con l’emissione di un bond in sterline in due tranche: una a 5 anni senior “secured” per 2,25 miliardi e una a 6 anni senior “unsecured” per 500 milioni.

La domanda è stata altissima, pari a 8 miliardi di sterline, tale da ridurre i tassi ipotizzati in fase di “guidance”. E così, la tranche a 5 anni è stata piazzata sul mercato alla pari con cedola di appena il 3,25%, mentre quella a 6 anni con cedola 4% e sempre alla pari, scontando sia la durata appena maggiore, ma soprattutto l’assenza di garanzie specifiche. Se si considera che Tesco offra lo 0,8% per un suo bond a 4 anni, pur a fronte di un rating di due gradini più alti di quello assegnato dalle agenzie alla tranche “secured” di Asda, capiamo bene che vi sarebbero ulteriori margini di crescita sul mercato secondario.

Bond “junk” con cedole impensabili

In effetti, il debito appena collocato sul mercato da Asda è classificato BB- da Fitch e Ba2 da Moody’s per la tranche “secured” e B+/B1 rispettivamente per quella “unsecured”. Gli investitori si sono sentiti rassicurati dai numeri del colosso dei supermercati, che nel Regno Unito detiene una quota di mercato del 15% e assets per 9 miliardi di sterline. Inoltre, risulta anche poco indebitata.

Ad ogni modo, operazioni come queste sarebbero risultate impossibili fino a pochi mesi fa con questi esiti. Cedole fin sotto il 4% per debiti teoricamente ad alto rischio non avrebbero potuto neppure essere ipotizzate. Ma gli investitori devono fare spazio nei loro portafogli a titoli redditizi, altrimenti restando nella “comfort zone” del comparto “investment grade” dovrebbero fare i conti con rendimenti corporate appena positivi e perlopiù incapaci di tutelare il potere di acquisto dei capitali con la reflazione attesa nei prossimi mesi e anni. Inevitabilmente, ciò significa esporre i clienti, futuri pensionati compresi, a maggiori rischi. D’altra parte, tutti confidano sulle banche centrali e sull’eternità dei loro stimoli monetari, i quali arriverebbero (si auspica) ad evitare che i cicli economici vadano mai in recessione. L’altra faccia della medaglia si chiama inflazione. E paradossalmente, proprio le emissioni “junk” tutelerebbero di più gli obbligazionisti da questo scenario avverso futuro.

Debito “spazzatura” con rendimenti più bassi delle emissioni in dollari

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