La Grecia ha emesso oggi con successo un nuovo bond a 30 anni, attraverso un collocamento sindacato, vale a dire avvalendosi di un apposito consorzio bancario composto da BNP Paribas, Goldman Sachs, HSBC, JP Morgan e National Bank of Greece. Il titolo ha scadenza 24 gennaio 2052, per cui debutta con una durata di 30 anni e 10 mesi. A suo modo, è stato un appuntamento storico per Atene. L’ultima emissione di simile durata era avvenuta nel lontano 2008. Successivamente, la crisi finanziaria globale prima e quella del debito sovrano ellenico dopo avevano impedito al Tesoro di puntare su scadenze medio-lunghe.

La loro emissione è stata riattivata a partire dal 2017, ma ha riguardato titoli fino alla durata massima di 15 anni.

Il riscontro sul mercato è stato enorme. Gli ordini arrivati hanno ammontato a 26 miliardi, a fronte dei 2,5 miliardi offerti. Il bid-to-cover ratio si è attestato, quindi, sopra 10. Considerate che 26 miliardi potranno sembrare una cifra non così eclatante per un’economia come l’Italia, ma per la Grecia equivalgono a quasi 15 punti di PIL. Sarebbe come se l’Italia attirasse con un unico bond circa 260 miliardi.

Atene si è potuta permettere di rivolgersi al mercato su una scadenza così longeva, approfittando dei bassissimi rendimenti di questa fase, pur in rialzo di recente. Se all’apice della crisi del debito nel 2012, il rendimento a 10 anni arrivò ad esplodere al 44%, oggi si aggira sotto l’1%. E così, il nuovo trentennale ha offerto un rendimento di 150 punti base superiore al tasso “midswap”, 10 in meno della “guidance”. Stando ai dati disponibili, esso si è attestato all’1,91%, pari a uno spread di 165 punti base rispetto all’omologo Bund.

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Bond Grecia tra opportunità e rischi

La Grecia sta gradualmente ricostruendosi la curva delle scadenze dopo lunghi anni di assenza dai mercati. Non avrebbe alcun bisogno di raccogliere liquidità tra gli investitori, disponendone ancora per circa 30 miliardi di euro inutilizzata.

E quest’anno ha rimborsato in anticipo una nuova tranche dei prestiti ottenuti dal Fondo Monetario Internazionale, puntando a tagliare i debiti più costosi. Per il 2021, le emissioni complessive saranno pari a 12 miliardi, di cui per 5,5 miliardi già avvenute prima di oggi. Erano stati raccolti, infatti, 3,5 miliardi tramite un nuovo decennale (ordini per 29 miliardi) e 2 miliardi con la riapertura del vecchio trentennale.

Resta il problema della esigua liquidità degli scambi sul mercato secondario. Nel mese di febbraio, il loro controvalore è stato di appena 2,6 miliardi, notevolmente sotto il massimo storico di 136 miliardi registrato nel settembre 2004. Del resto, molti investitori istituzionali non possono ad oggi per statuto acquistare bond ellenici, a causa dei rating “non investment grade”. Da notare, poi, come la Grecia non benefici ancora degli acquisti di bond tramite il programma monetario ordinario della BCE, noto come “quantitative easing”.

Tuttavia, attraverso il PEPP Francoforte ha già rastrellato titoli per 19 miliardi e dovrebbe inserirne in portafoglio per altri 16 miliardi. Con gli eventuali upgrade delle agenzie internazionali da qui ai prossimi mesi o qualche anno, anche Atene tornerebbe a beneficiare del QE. E forse anche per questo molti investitori speculativi non hanno voluto farsi sfuggire una simile occasione. Rendimenti a 30 anni di poco sotto il 2% in Europa neppure a parlarne. Vi sarebbero margini di apprezzamento, specie quando la ripresa economica nel paese ridurrà ancora un po’ il rischio sovrano percepito.

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