Come da attese, ieri la Federal Reserve non ha alzato i tassi d’interesse, né ha ridimensionato il piano di acquisti di assets dai 120 miliardi di dollari al mese attuali. “Non è il momento di parlare di riduzione del bilancio”, ha spiegato il governatore Jerome Powell, al margine della seconda riunione del FOMC di quest’anno. Stando ai cosiddetti “dot plots”, le proiezioni sui tassi degli stessi funzionari dell’istituto, non vi sarà alcun rialzo dei tassi da qui a tutto il 2023.

Tuttavia, sale da 5 a 7 il numero dei membri che si attendono che il rialzo possa avvenire prima. Powell ha rassicurato, però, che continui a trattarsi della visione di una “minoranza” del board.

Per il resto, l’inflazione negli USA è attesa al 2,4% quest’anno e al 2% l’anno prossimo. Al netto dei generi alimentari e prodotti energetici, è attesa al 2,2% quest’anno per scendere al 2% nel 2022. Molto bene il tasso di crescita del PIL americano: +6,5% e +4,2% nel biennio considerato.

Il mercato Treasury si rafforza, ma le aspettative d’inflazione negli USA salgono ai massimi da 8 anni

La fuga dai Treasuries prosegue

Nelle ore precedenti al board, i rendimenti dei Treasuries erano saliti ai massimi da oltre un anno. Con la conferenza stampa, avevano arrestato momentaneamente la corsa. Eppure, già stamattina si mostrano in deciso aumento lungo la curva. La scadenza a 10 anni si è portata all’1,72% dall’1,64% di ieri, mentre la scadenza a 30 anni è salita al 2,51% dal 2,43%. E il trend ha ancora più senso alla luce di quanto spiegato da Powell ieri. La FED ha confermato di voler tollerare un tasso d’inflazione superiore al target del 2% per un certo periodo, al fine di compensare la fase in cui il target è stato mancato al ribasso.

Pertanto, l’inflazione nei prossimi mesi e forse anni accelererà il passo e divorerà il potere di acquisto del capitale in misura superiore a quanto avvenuto nella fase pre-pandemica.

Da qui, la richiesta del mercato di rendimenti più alti per acquistare bond. D’altra parte, i Treasuries hanno natura di “safe assets” e con il netto miglioramento atteso dell’economia americana gli investitori ne ne sbarazzano per fare spazio nei loro portafogli a titoli più rischiosi.

Infine, il netto rialzo dei rendimenti americani sta già contenendo il cambio euro-dollaro, di recente sceso nuovamente sotto la soglia di 1,20. I capitali affluiscono verso gli USA per approfittare del deprezzamento dei bond, quando ancora gran parte delle curve sovrane nell’Eurozona offre rendimenti negativi. La BCE si mostra ancora più “dovish” della FED, tenendo i tassi azzerati e, addirittura, negativi sui depositi overnight, al contempo acquistando bond tramite il programma ordinario (QE) e quello legato alla pandemia (PEPP).

Trentennale USA al 2%, curva mai così ripida dal 2015: cosa significa per bond e cambio euro-dollaro

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