Se c’è un fatto evidente in queste settimane di alta tensione geopolitica è che la bolla obbligazionaria è finalmente scoppiata. I tempi dei rendimenti negativi sono quasi finiti, se è vero che già il Bund a 2 anni della Germania sfiora lo 0%. E proprio a questa scadenza dobbiamo guardare per cercare di capire qualcosa di più sulle aspettative del mercato riguardo alle prossime mosse di politica monetaria alla BCE. Negli anni passati, il titolo di stato biennale tedesco ha offerto un rendimento medio attorno al -0,70%, circa 20 punti base più basso del tasso BCE sui depositi delle banche, ad oggi a -0,50%.

Stamattina, lo stesso titolo rendeva -0,08%. Ciò lascia supporre che il mercato obbligazionario stia scontando tassi BCE da qui al medio termine in area -0,30%, cioè in rialzo di almeno un quinto di punto percentuale da oggi. In effetti, già al board di marzo l’istituto ha tagliato gli acquisti di bond per il secondo trimestre e prospettato la fine del “quantitative easing” nel terzo. La scorsa settimana, ha segnalato di volersi tenere le mani libere per il caso in cui le condizioni dell’economia europea lo richiedessero. Ad ogni modo, con un’inflazione nell’Eurozona attesa sopra il 6% a marzo, difficile pensare che presto non sarà avviata la stretta sui tassi BCE.

Bolla obbligazionaria sgonfiata, il Giappone interviene

Negli USA, il mercato si è già portato ben più avanti. Il rendimento a 2 anni è salito al 2,4%, solamente 10 punti base in meno del rendimento a 10 anni. La curva dei Treasuries si è fatta pericolosamente piatta, cosa che generalmente prelude all’inizio della recessione economia americana entro i due anni successivi. Un rendimento così alto per la scadenza biennale suggerisce che il rialzo dei tassi FED sia scontato fino a un livello simile entro l’anno. In effetti, stando ai contratti di opzione del CME Group, a dicembre i tassi sono attesi al 2,50-2,75%, cioè a +225 punti base da oggi.

Considerato che le riunioni della FED da oggi a fine anno siano altre sei, in diverse occasioni l’istituto americano aumenterebbe il costo del denaro di almeno mezzo punto percentuale.

E, in effetti, si sconta un rialzo dei tassi BCE dello 0,50% al board di maggio. Questa stretta ben più radicale Oltreoceano fa sì che il cambio euro-dollaro sia tornato sotto 1,10. I rendimenti americani stanno attirando capitali dal resto del mondo e quelli europei, per quanto in netto rialzo, continuano a rimanere molto indietro. La bolla obbligazionaria sta sgonfiandosi, tuttavia, praticamente su ogni mercato. Oggi, la Banca del Giappone è intervenuta per tenera a bada la curva dei rendimenti nipponica, in particolare il rendimento a 10 anni attorno allo 0,25%. Tokyo non ha alcuna fretta di alzare i tassi, dato che l’inflazione nel Sol Levante a febbraio era salita solo allo 0,9%. Questa operazione ha indebolito lo yen ai minimi da 7 anni contro il dollaro a un tasso di cambio di 124.

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