Esistono sei scadenze in valuta americana sul mercato obbligazionario sovrano dell’Italia. Le emissioni dei BTp in dollari sono riprese nel 2019, poco prima della pandemia e dopo un’assenza lunga quasi un decennio. Una delle vecchie emissioni è il bond con scadenza 15 giugno 2033 e cedola 5,375% (ISIN: US465410BG26). Come notiamo subito dalla cedola, debuttò sul mercato molti anni fa, quando le condizioni finanziarie erano meno favorevoli di quelle odierne. In effetti, il collocamento risale al 2003. Dunque, si tratta di un trentennale con durata residua oramai di poco superiore agli 11 anni.

Venerdì scorso, il BTp in dollari 2033 quotava sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana poco più di 114. Il rendimento lordo offerto era, pertanto, del 3,8%. Quest’anno, perde più dell’8% in termini di prezzo, salendo da un rendimento del 2,63% a inizio gennaio. Sembra un bond abbastanza generoso, fatto salvo che neppure lontanamente si mostri per il momento in grado di coprire l’inflazione italiana, salita al 6,7% a marzo (7% per l’indice armonizzato).

Considerate che il BTp settembre 2033 in euro ci offriva, sempre venerdì scorso, il 2,1%. Un margine di +170 punti base o +1,7%, teoricamente allettante. Ma il BTp in dollari ci espone al rischio di cambio, che si materializzerebbe nel caso in cui il biglietto verde si deprezzasse contro la moneta unica alla scadenza o alla previa data di disinvestimento. Non abbiamo la sfera di cristallo per sapere in anticipo quale sarà il cambio euro-dollaro tra 11 anni rispetto a circa 1,10 di oggi. Sappiamo, però, che il mercato pretende dal T-bills a 12 mesi circa il 2,1% in più del Bund di pari durata. In teoria, sconta un deprezzamento del dollaro contro l’euro di tale entità da qui a un anno.

BTp in dollari, crescono spread e premio

Da questo dato comprendiamo come il margine di rendimento in più offertoci dal BTp in dollari rischi di rivelarsi inferiore alla perdita che accuseremmo con il rialzo del cambio euro-dollaro.

Tale margine era di 140 punti base o +1,4% all’inizio dell’anno. Nel frattempo, il dollaro guadagna circa il 3% contro l’euro. In sostanza, il mercato vuole mettersi più al sicuro contro un possibile deprezzamento della valuta americana per i prossimi anni. E lo spread con il Treasury a 10 anni si è allargato anch’esso da 100 a 135 punti base. Come dire che, man mano che i rendimenti americani (e il dollaro) salgono, gli investitori ne risultano più attratti e meno disposti a scartarli a favore di investimenti alternativi di minore qualità, specie nel mezzo di tensioni geopolitiche così forti.

In altre parole, il BTp in dollari 2033 rende oggi circa l’1,2% all’anno in più di inizio 2022. Il BTp in euro di simile durata rende lo 0,9% in più, segno che le emissioni in dollari stanno allargando i premi offerti sulle emissioni in euro. Il rischio di cambio percepito sta aumentando. Il 3,8% di rendimento non sembra essere così interessante come pensiamo.

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