LatinFinance ha insignito il Perù nei giorni scorsi del premio Sovereign Bond of The Year Award, in riconoscimento del successo riportato con l’emissione del suo primo bond a 100 anni in dollari nel 2020. A dire il vero, la scadenza fu emessa con durata di quasi 101 anni, mai così lunga prima nel mondo. Parliamo delle obbligazioni 28 luglio 2121 e cedola 3,23% (ISIN: US715638DR09), che raccolsero 1 miliardo di dollari per la lotta contro la pandemia.

Le buone notizie, purtroppo, finiscono qui. Ieri, il bond del Perù a 100 anni offriva un rendimento lordo del 4,68%, essendo scese di prezzo a 70 centesimi.

In pratica, nel giro di neppure sedici mesi ha subito un crollo del 30%. Sono accadute tante cose dall’emissione di fine 2020. Anzitutto, a Lima si è insediato un governo marxista, guidato dal presidente Pedro Castillo che tanto ha allarmato gli investitori per le sue politiche tendenzialmente ostili al libero mercato.

Bond Perù 100 anni, rischi insiti nella scadenza

Le agenzie di rating hanno ridotto nel complesso il giudizio sovrano, pur restando in area “investment grade”. Negli ultimi mesi, poi, il trend globale per il comparto obbligazionario è stato negativo e per gli emergenti la guerra ucraina non sta favorendo l’afflusso dei capitali, in cerca di porti sicuri nell’Occidente. Peraltro, la Federal Reserve ha avviato la stretta monetaria, anticipata dai mercati da qualche mese. E così, il bond a 100 anni del Perù offriva ieri un rendimento a premio sul Treasury a 30 anni di 220 punti base, in netto rialzo dai meno di 170 punti dell’emissione.

L’aspetto più sorprendente – si fa per dire – di questo tracollo consiste nel fatto che il rendimento sia salito di neppure l’1,50%, a fronte del -30% accusato dalla quotazione. Ciò è dovuto all’alta “duration”, che rende il bond a 100 anni particolarmente volatile. Per un investitore dell’Eurozona, la perdita sarebbe stata parzialmente colmata dall’apprezzamento del dollaro contro l’euro di oltre l’8% da novembre 2020.

Ma resterebbe superiore al 20%.

Chi acquista scadenze così lunghe, deve tenersi pronto a subire perdite anche particolarmente scottanti nel breve e medio termine. Il problema sta nel caso specifico nell’impossibilità fisica di attendere la data del rimborso per rientrare in possesso del capitale investito. Bisognerà confidare nel rialzo prima o poi (chissà tra quanti anni) delle quotazioni, al fine di poter disinvestire con profitto o minimizzando le perdite. Sempre che nel frattempo l’effetto cambio non giochi qualche brutto scherzo, riducendo i guadagni in conto capitale.

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