In settimana, l’Unione Europea ha collocato sul mercato bond per 9 miliardi di euro sotto il programma noto come SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency), il cui acronimo in inglese significa non a caso “sicuro”. Si è trattato della quinta emissione, portando a un totale di 62,5 miliardi la raccolta complessiva a favore di 16 stati comunitari, tra cui l’Italia. In corso vi è un’erogazione di 230 milioni a favore dell’Estonia. Da qui alla fine dell’anno, Bruxelles intende emettere altri circa 28 miliardi, portando la raccolta a un totale di 90,6 miliardi.

Le suddette emissioni sono “social bond”, cioè chi le acquista ha la certezza che i relativi proventi verranno utilizzati per finanziare operazioni di sostegno all’occupazione in questo frangente di lotta contro gli effetti della pandemia anche sul piano economico e occupazionale. Nel dettaglio, il bond da poco emesso ha scadenza giugno 2036 e ha ricevuto ordini per quasi 10 volte superiori all’importo offerto, in linea con il grande successo riscosso dalle precedenti quattro emissioni di questo genere.

Quale impatto degli Eurobond sui BTp e perché i tempi faranno la differenza

Il rendimento esitato è stato dello 0,228%. Nulla, se si considera che sulla medesima scadenza l’Italia sia costretta ad offrire più dell’1%. E’ la conferma che il debito sovranazionale sia percepito molto più sicuro di quello emesso da gran parte degli stati comunitari e che l’eventuale mutualizzazione dei debiti nell’area porterebbe a sgravi consistenti per gli stati del Sud Europa. Tutto vero, ma c’è il rovescio della medaglia: la Germania offre ancora sui suoi Bund a 5 anni il -0,05%. Questo significa che sui 9 miliardi collocati sul mercato, Berlino avrebbe spuntato condizioni significativamente migliori di Bruxelles e avrebbe teoricamente guadagnato 4,5 milioni all’anno. Invece, la UE dovrà sborsare la media annua di 20,52 milioni.

Nessuna condivisione dei debiti europei in vista

In definitiva, nei 15 anni la Germania incasserebbe un guadagno complessivo di 67,5 milioni, mentre la UE pagherà quasi 308 milioni.

Mettetevi nei panni dei tedeschi. Anziché risparmiare sulla spesa per interessi, per loro le emissioni sovranazionali si traducono in un aggravio per le casse dello stato, cioè per i contribuenti. Liquidità che va a finanziare il rinnovo dei debiti nel Sud Europa, per cui i cosiddetti “Eurobond” finirebbero per trasferire ricchezza da una parte all’altra del continente. Ammesso che mai tenderemo verso quello scenario, capite subito che gli stati fiscalmente virtuosi pretenderebbero come minimo che venissero rispettate previsioni stringenti sui conti pubblici, altrimenti le “cicale” vivrebbero sulle spalle delle “formiche”.

A partire dalla seconda metà di quest’anno, comunque, una prima forma di Eurobond verrà emessa per finanziare il Recovery Fund (RF) da 750 miliardi di euro. Tutto vero, così come il fatto che la fetta più cospicua dei finanziamenti andrà all’Italia con circa 200 miliardi. Ma guai a pensare che si tratti di un programma prodromico a una condivisione crescente dei debiti nell’Eurozona o, addirittura, nella UE. Il RF è la risposta coordinata di Bruxelles a una crisi comune ed dalle origini esterne alla stessa UE. Non facciamoci illusioni, perché le emissioni sovranazionali in corso in questi mesi ci dimostrano come gli Eurobond restino un miraggio.

Bond UE non sono Eurobond e rivoluzioneranno il mercato obbligazionario

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