Dovremmo chiamarlo Eurobond o più semplicemente bond dell’Unione Europea? Non ha alcuna importanza pratica. Sempre di debito comune degli stati comunitari si tratta. E la prima tranche emessa nella giornata di ieri ha segnato il trionfo della UE. Gli ordini arrivati dagli investitori sono arrivati alla bellezza di 142 miliardi di euro, appena sotto il record storico dei 145 miliardi affluiti per l’emissione della tranche a 10 anni del programma SURE dello scorso ottobre.

Anche in questo caso, si è trattato di un decennale.

Scadenza fissata per il 4 luglio 2031. Il rendimento esitato è stato di 2 punti sotto il tasso “midswap”, cioè dello 0,06%. A titolo di confronto, ieri il Bund della Germania a 10 anni offriva un rendimento del -0,25%. Questo significa che l’Eurobond prezza su questa scadenza a una trentina di punti base sopra l’omologo titolo tedesco. Ma gli ordini sono stati così elevati e il rendimento così basso (solo lunedì, si attestava a 1 punto base sopra il tasso “midswap”), che alla fine la UE ha deciso di raddoppiare a 20 miliardi l’importo offerto. Fino alla mattinata di ieri, si era parlato di una tranche di 10 miliardi.

Da qui a luglio, Bruxelles emetterà nuovo debito attraverso collocamenti sindacati, cioè avvalendosi del supporto delle banche. Da settembre, invece, punterà sulle scadenze più corte e sul sistema delle aste, quello ordinario per emettere obbligazioni. Gradualmente, sarà costruita la curva delle scadenze per arrivarne a una completa che funga da “benchmark” per l’intera Eurozona.

Eurobond spartiacque sul mercato obbligazionario

Ad oggi, nell’area il riferimento è offerto dal mercato sovrano tedesco. I Bund godono dei rating tripla A, così come gli stessi Eurobond, rispecchiando la prima economia europea e dalla solidità fiscale indiscussa. A dire il vero, non siamo dinnanzi alle prime obbligazioni sovranazionali UE. Nel corso dell’ultimo anno, Bruxelles ha emesso quasi 90 miliardi di bond SURE, cioè legati al finanziamento dell’assistenza ai lavoratori comunitari contro la pandemia.

Questi sono stati collocati sul mercato nella forma di ESG, cioè obbligazioni sostenibili.

Invece, gli Eurobond di ieri sono di tipo ordinario. Ne dovranno essere emessi in tutto 800 miliardi entro il 2026 per finanziare il Recovery Fund. Di questi, il 30% saranno “green bond”, i cui proventi finanzieranno investimenti degli stati per abbattere l’inquinamento. Con un solo programma, la UE riuscirà sia a diventare un emittente “benchmark” tra i più importanti al mondo, insieme agli USA, al Giappone e al Regno Unito (pur con un mercato dalle dimensioni assai ridotte), sia a primeggiare riguardo alle emissioni “verdi”.

Man mano che le emissioni di Eurobond aumenteranno, dovremmo scommettere che gli spread con i Bund stringeranno. L’implementazione del Recovery Fund aumenterà la propensione al rischio nell’area, trasferendo capitali dal Nord Europa verso la periferia. Inoltre, il mercato sovranazionale diventerà più liquido, attirando un numero crescente di investitori a discapito della Germania.

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