Sarà una serata assai vivace per il Sudafrica, che nelle prossime ore affronta il giudizio di tutte le tre principali agenzie di rating. I maggiori timori si concentrano su S&P, che ha assegnato al debito sovrano del paese emergente il giudizio ad oggi più basso, cioè BB-, 3 gradini sotto il livello minimo “investment grade”. Fitch ha rating BB e Moody’s Ba1, rispettivamente 1 e 2 gradini sopra S&P. A differenza di quest’ultima, però, hanno un “outlook” negativo, ragione per cui potrebbero annunciare sin da stasera un ulteriore declassamento, pur non atteso da analisti e mercato così presto.

Le previsioni di S&P sono sinora stabili, ma potrebbero essere mutate in negative. Se questo accadesse, da qui a qualche mese il rating sudafricano rischierebbe di arretrare ulteriormente in area “junk” alla singola B.

Il 2019 si è chiuso con un rapporto tra debito e PIL al 62%, ma esso è atteso in crescita al 95% entro i prossimi 3 anni. Già prima del Covid i conti pubblici di Pretoria si mostravano negativi e adesso il mercato cerca di scrutare le trattative tra governo e sindacati dei dipendenti pubblici per capire se gli stipendi statali lieviteranno ancora, quando già oggi incidono per l’11% del PIL e sono cresciuti del 51% dal 2008.

Negli ultimi mesi, il trend per il rand sudafricano è stato positivo. Soltanto a novembre, si è rafforzato del 5% contro il dollaro, tornando ai livelli pre-Covid. Bene anche il mercato obbligazionario, con il bond a 2 anni ad essersi mantenuto stabile e quello a 10 anni ad essere sceso di 50 punti base di rendimento all’8,81%. L’apprezzamento del cambio è una buona notizia per gli investitori, in quanto prefigura ulteriori guadagni dei bond, grazie anche all’impatto positivo che esso dovrebbe avere sull’inflazione. Al 3% in ottobre, sotto il 3,50% dei tassi d’interesse.

Bond Sudafrica, la ripresa forse si avvicina con appetito per il rischio e maxi-piano

Guadagni fino alla doppia cifra a novembre

La Reserve Bank avrebbe qualche margine di manovra nei prossimi mesi per tagliare ancora una volta i tassi, qualora l’inflazione si riducesse.

E ciò tonificherebbe i bond, che già questo mese hanno performato parecchio bene. Si consideri che la scadenza a 20 anni e con cedola 9% (ISIN: ZAG000125980) è salita a novembre da 80 a 84 centesimi, cioè del 5%. Tenuto conto anche del cambio contro l’euro (+3,4%), avrebbe fruttato virtualmente quasi l’8,5%. E il bond gennaio 2044 con cedola 8,75% (ISIN: ZAG000106972) ha messo a segno un rialzo del 6%, che inclusivo dell’effetto cambio sfiorerebbe la doppia cifra. E tutto questo in meno di tre settimane. Infine, il trentennale con scadenza febbraio 2049 e cedola 8,75% (ISIN: ZAG000096173) ha segnato +6%, anch’esso per un guadagno complessivo di quasi il 10%.

Al di là di come andrà stasera, bisogna riporre maggiore attenzione ai fondamentali, che per quanto non positivi sarebbero stati giudicati dai mercati con eccessiva severità. L’indice Big Mac per valutare il tasso di cambio di equilibrio, ad esempio, ha trovato che il rand sudafricano quest’anno sarebbe la valuta più sottovalutata del mondo. Il cambio corretto, stando ai prezzi, dovrebbe attestarsi in area 5,43, cioè a un terzo degli attuali livelli di mercato. In buona sostanza, sembrerebbe che il mercato abbia già scontato gli scenari peggiori per il Sudafrica, cosa che non dovrebbe farci illudere su un recupero robusto e certo del cambio, come insegna la stessa lira turca. Ma il rand dovrebbe essere sostenuto anche dalla debolezza del dollaro, che sostiene i prezzi delle materie prime. E il Sudafrica è un esportatore di “commodities”. Il resto lo farebbero le notizie sui vaccini, che accrescono la propensione al rischio, favorendo l’ingresso dei capitali sui mercati emergenti.

I bond del Sudafrica hanno reso fino al 6,5% in tre settimane. E adesso?

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